A sedere nella solita postura.
Manteniamo gli occhi leggermente aperti.
Lasciamo le briglie sciolte agli oggetti mentali e alle sensazioni del corpo.
L’esercizio consiste nel mantenere la consapevolezza in uno stato di apertura e di recettività rispetto a ciò che viene a presentarsi sotto la sua luce.
Può accadere, ad esempio, che la mia mente venga catturata dal ticchettio dell’orologio alla parete. Sposto allora la mia consapevolezza su quel suono particolare – senza giudicarlo, senza emettere sentenze, senza domandarmi alcunché sulla sua natura, ecc. Semplicemente realizzo che con la mente sono su quel preciso suono: non ne sono succube, ma ne divento – appunto – consapevole. Accadrà a un certo punto che la mia mente non sarà più occupata da quel fenomeno.
E allora potrò passare a quello successivo oppure, nel caso la mente non sia catturata da nulla in particolare, farò riposare la consapevolezza in se stessa, in attesa attenta di ciò che arriverà al suo interno.
Una cosa importante. Bisogna stare ben attenti a non porre la mente, in questo esercizio, in uno stato di ricerca del fenomeno su cui applicare la consapevolezza. Non si tratta cioè di rincorrere un pensiero, un suono, una sensazione, … Non mi devo quindi chiedere, sparito un fenomeno sotto la luce della mia consapevolezza: “Bene, ora a cosa applico la consapevolezza? Vediamo un po’… ah, ecco: a questo tal pensiero, a questo tal ricordo, a questo tal rumore”. La mente non deve essere alla ricerca del suo oggetto. Deve invece l’oggetto stesso, il fenomeno – qualsiasi esso sia – naturalmente presentificarsi alla mente e attirare la sua attenzione. Ed è a quel fenomeno, e solo a quello, che dovrò applicare la mia consapevolezza.
Un’altra cosa. Una domanda che potrebbe sorgere, soprattutto quando siamo alle prime armi rispetto a questo esercizio, è: per quanto tempo devo applicare la mia consapevolezza al fenomeno x? Va da sé che questo tipo di domanda non ha alcun senso. La consapevolezza va applicata fino a quando il fenomeno cattura l’attenzione della mente. Non importa se il tempo sarà pochi secondi o alcuni minuti.
Ora: a questo stadio l’esercizio si sviluppa attraverso il passaggio da un fenomeno all’altro. I fenomeni possono essere i più diversi: un pensiero, un ricordo, un suono, una sensazione, il flusso del respiro e via dicendo. Si pone cioè sotto la lente della consapevolezza un fenomeno; poi si passa a un altro fenomeno; e così via. Con il tempo però la pratica cambia, si espande. Si capisce (ma è un capire non intellettuale, bensì esperienziale) che in realtà i fenomeni non solo si susseguono, ma si accavallano. Quando sono catturato dal ricordo della discussione che ho avuta questa mattina con il mio collega, contemporaneamente il mio flusso del respiro continuerà a circolare, così come vi sarà anche la sensazione del mio corpo che poggia a terra, del mio busto diritto, i piccoli rumori circostanti, la visione che avrò davanti ai miei occhi semiaperti, e altro ancora.
E allora il mio esercizio diverrà veramente un’applicazione totale della consapevolezza, a trecentosessanta gradi. Contemporaneamente consapevole dei pensieri, della postura del mio corpo, delle sensazioni corporee, dei suoni attorno a me, dei segnali visivi, ecc.

tratto da www.lameditazionecomevia.it

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