“La consapevolezza è la via del senza morte”.
Questo verso del Dhammapada è sempre stato fonte di riflessione e di conforto per l’autore lungo tutta una vita dedicata alla pratica e poi all’insegnamento del buddhismo theravada, l’antica via dei primi discepoli del Buddha. Come il Buddha, e come il suo insegnante diretto Achaan Chah, il Venerabile Sumedho ha sempre centrato il suo insegnamento sulla consapevolezza, il solo vero rifugio in una condizione umana che, essendo nata, creata, condizionata, è votata alla sofferenza e alla disgregazione.
La consapevolezza come rifugio, quindi, e come strumento prezioso per entrare in contatto con le proprie illusioni, i preconcetti, le emozioni e le reazioni abituali che, una volta illuminate nella loro transitorietà, nella loro natura di puri oggetti mentali, perdono molto del loro potere. Achaan Sumedho non ama definire la consapevolezza una tecnica meditativa, quanto un atteggiamento, un senso di attenzione sospesa, uno stato di apertura e di ricettività nei confronti delle cose così come sono, al di là delle preferenze e delle avversioni personali. Questo libro è il seguito ideale del volume “La consapevolezza intuitiva” e raccoglie i discorsi tenuti dall’autore in occasione di un ritiro aperto ai laici presso il monastero inglese di Amaravati.
Estratto dal libro “Il suono del silenzio” Ajahn Sumedho
“Quando coltiviamo la consapevolezza, prendiamo il punto di vista della consapevolezza intuitiva, piuttosto che quello dell’esperienza personale. Esprimere tutto in termini personali tende a dare l’impressione di qualcosa: rafforza il senso di ‘me’ e ‘mio’ come personalità, la ‘mia’ realtà. […]
Perciò, quando parlo di ‘Buddho’, o ‘Buddha’, non mi riferisco a un conseguimento o a un’identità personale, ma al puro conoscere, alla pura soggettività, prima che nasca la personalità. È un’intelligenza intuitiva, un’intelligenza universale, non un sapere acquisito sul piano individuale. Quindi non faccio che insistere su questo ‘Buddho’ di cui prendiamo coscienza quando siamo pienamente presenti, pienamente attenti al momento presente. È uno stato di raccoglimento, un ricondurre la mente dispersa a quest’unico punto, qui e ora.
Nell’attimo presente facciamo esperienza della realtà da questo punto. Ciascuno di noi è un punto di esperienza cosciente, e stiamo facendo esperienza, stiamo prendendo atto, del Dhamma, delle cose come sono. È diverso dallo starmene seduto qui a fare esperienza della mia vita attraverso i miei ricordi, le mie emozioni, i miei punti di vista e le mie opinioni. Nel senso che non la guardo più da un punto di vista personale, come la ‘mia’ vita e quello che è successo a ‘me’, cosa penso e cosa ritengo sia giusto o sbagliato. Andare al di là di questo per toccare la consapevolezza che precede il sorgere e il cessare della personalità: ecco la consapevolezza […].
Di conseguenza il mio scenario personale viene visto in termini di Dhamma: ciò che sorge cessa, i sentimenti, i ricordi personali… tutto questo sorge e cessa.
[…] Prestando attenzione al presente con pazienza si comincia a riconoscere lo stato naturale dell’essere e si è in grado di vedere la personalità in quanto oggetto mentale. La personalità è una creazione, non è il soggetto, eppure tendiamo a interpretare l’esperienza attraverso sentimenti e opinioni personali.
[…] C’è un senso di consapevolezza che include lo stato mentale, la postura e il respiro, per cui non c’è bisogno di selezionare una cosa ignorando il resto. Fidatevi della consapevolezza come fonte di sostegno, come luogo di riposo, come punto di osservazione. Guardate l’osservatore, la tonalità emotiva, lo stato d’animo, il corpo che respira, la postura.
[…] L’atteggiamento di cui parlo è un’attenzione rilassata, un senso di apertura, di ricettività, un’attenzione sospesa. […]
Noto questo suono di fondo che chiamo il ‘suono del silenzio’, una sorta di riverbero, di vibrazione. È un suono? Sia quel che sia […] comincio a notare una sorta di vibrazione ad alta frequenza che è sempre presente. Una volta individuato il punto in cui si è pienamente aperti, ricettivi, una volta individuato il suono del silenzio, il processo discorsivo si ferma e si può riposare in questa corrente.
È una specie di flusso. […] Il suono della campana ha un inizio e una fine, come il canto degli uccelli, o il suono della mia voce. Ma dietro a questi, dietro a tutti gli altri suoni, c’è il suono del silenzio. […]
Lo spazio è sempre presente, ma se ci interessano solo gli oggetti che contiene tenderemo a non notare l’elemento spazio. Ora ci rivolgiamo all’illimitato, dato che lo spazio non ha confini. […] Passiamo a osservare lo spazio non per disfarci di quanto contiene, ma perché, sospendendo l’interesse, la fascinazione e l’abitudine di guardare prima questo e poi quello, saltando da una cosa all’altra, abbiamo modo di notare che la realtà dello spazio è reale.
[…] Essere consapevoli dello spazio: lo spazio non ha altra qualità che quella di essere spazioso, è illimitato. Ora quindi cominciate a riconoscere l’assenza di confini, l’illimitato, l’infinito. […]
Questo è il punto: la consapevolezza immediata dell’infinito che abbraccia il finito” (35-41).
€ 18
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Ajahn Sumedho – Breve biografia
Ajahn Sumedho detto Luang Por Sumedho (Seattle, 27 luglio 1934) è un monaco e abate statunitense.
Luang Por Ajahn Sumedho (อาจารย์สุเมโธ), nato negli Stati Uniti come Robert Jackman, è il monaco anziano che rappresenta in Occidente la tradizione thailandese dei Monaci della foresta del Buddhismo Theravada. E’ stato abate del monastero di Amaravati, in Inghilterra, dalla fondazione nel 1984, fino al giorno del suo ritiro nel 2010. Luang Por significa Venerabile Padre (หลวงพ่อ), ed è un titolo onorifico e un attestato di affetto in lingua thai. Ajahn significa maestro. E’ stato monaco: bhikkhu per quarantacinque anni ed è considerato una figura di riferimento per la diffusione del buddhismo theravada in Occidente. (fonte wikipedia – http://it.wikipedia.org/wiki/Ajahn_Sumedho )