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La mente condiziona il mondo

del venerabile Ajahn Sumedho

© Ass. Santacittarama, 2009. Tutti i diritti sono riservati.

SOLTANTO PER DISTRIBUZIONE GRATUITA.

Traduzione di Federico Petrangeli
Tratto da “Forest Sangha Newsletter”, luglio 1988, n. 5.

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Possiamo vederlo in Inghilterra, ora che anche qui ci sono persone che seguono la vita monastica. Non è più l’Inghilterra dell’epoca coloniale, vediamo un aspetto molto diverso, abbiamo avuto esperienza di qualcosa, in questo paese, che nella nostra mente si collega col vivere in Inghilterra. Siamo piacevolmente sorpresi dal fatto che si possa vivere la vita monastica, grazia al sostegno e alla tolleranza che ci viene riservata, e tutto ciò è di grande giovamento per lo spirito. Prima di venire in Gran Bretagna, avevo deciso che sarei venuto a vivere qui solo se avessi sentito di poter offrire a questo paese qualcosa di un qualche valore. Non mi muoveva certo l’idea di venire in Inghilterra a convertire la gente al buddhismo. Pensavo che l’idea stessa della conversione fosse sgradevole. Ma l’idea di venire in Inghilterra per cercare di offrire qualcosa di bello, un insegnamento che avrebbe potuto essere d’aiuto per qualcuno, era una cosa che sentivo di poter fare. E così nella mia mente è rimasto l’atteggiamento di stare in Inghilterra per dare un contributo di amorevolezza, piuttosto che stare qui per creare divisioni o problemi a questo paese, oppure per ricevere qualche vantaggio. Questo deve essere il modo di guardare alla vostra vita qui, a ciò che fate, come monaci e come monache, in questo paese. Un modo di guardare a questo non più come a qualcosa di eccentrico o di anacronistico. A prima vista può non essere evidente che stiamo portando in questo paese qualcosa di bello e prezioso, perché ciò che portiamo è diverso da ciò a cui le persone sono abituate. Molte persone hanno il timore che veniamo qui per peggiorare le cose e avvelenare il paese. Ma guardando il nostro modo di vivere, nel modo giusto, con una giusta prospettiva, allora l’immagine cambia decisamente: non siamo più gente strana, arrivata qui per creare problemi, ma siamo invece persone degne di rispetto, meritevoli di ricevere sostentamento attraverso le offerte.

Nella società in cui viviamo, iniziamo a vedere che la sola presenza di buoni monaci e di buone monache, e l’esempio che offrono, spinge molti a garantire il loro sostentamento attraverso le offerte. E questo è motivo di speranza e di ispirazione per tante persone, non necessariamente per diventare monaci o monache, ma per vivere in maniera più consapevole, per aspirare a qualcosa di più elevato che non semplicemente integrarsi con il sistema. Per me galleggiare semplicemente nel sistema è un reame infernale. E’ un’idea così deprimente, di usare le propria vita solo per tenersi a galla nel modo più semplice possibile. Non fare niente, non offrire niente, non aspirare a niente, solo cavarsela. Invece possiamo guardare alla vita spirituale, all’opportunità che abbiamo qui, ad Amaravati e a Chithurst, di elevazione spirituale.

Con la nostra contemplazione dell’Origine Dipendente noi stiamo con il mondo, viviamo nel mondo, piuttosto che credere che questo sia il mondo reale. Siamo consapevoli di ciò e lo comprendiamo per come è, senza rimanere delusi a causa dei condizionamenti percettivi e culturali. La mente vuota è una mente ricettiva, perché nella via della consapevolezza non c’è bisogno di nominare o di definire niente, se non per ragioni puramente convenzionali. Così appena cominciamo a realizzare la cessazione del mondo, possiamo iniziare a smetterla di creare freneticamente nuovi mondi, che poi cesseranno. Non cerchiamo di creare alcunché, perché siamo contenti e in pace per il modo in cui le cose sono. Ora contempliamo questo, e prendiamo coscienza dell’attenzione e della consapevolezza che ci sono prima del sorgere delle opinioni, dei punti di vista, dei desideri e delle paure. Se stiamo facendo così per la ragione sbagliata, per desiderio, paura e ignoranza, allora ovviamente riceveremo soltanto disperazione. Sentiamo che comunque falliremo, e che la meditazione produrrà molta sofferenza. Anche quando raggiungiamo stati elevati di consapevolezza, infatti, non possiamo aggrapparci ad essi. Più cerchiamo di trasformare il mondo circostante e renderlo più raffinato, più ci sentiremo frustrati per la sua inadeguatezza, per la corruzione, la brutalità e la mediocrità. Lo possiamo vedere con le persone particolarmente raffinate, quanto per loro la vita sia difficile. Se abbiamo standard elevati e gusti molto raffinati, allora finiremo per soffrire anche per lo stile delle tende alle pareti.

Invece la mente vuota ha spazio per tutto: per le tende alle pareti, per le raffinate sottigliezze della bellezza come per le cose grossolane e di cattivo gusto. La mente vuota abbraccia tutto. Così non c’è quel bisogno di correre a provare tutto, di prendere e controllare ogni cosa, di scegliere senza tregua, di manipolare continuamente la realtà. Prendere e scegliere, controllare e manipolare è un modo davvero convulso di vivere. Ma quando invece si apprezza la mente vuota, la cessazione del mondo, allora la mente è ricettiva alla totalità del mondo. Si comincia semplicemente a vedere, a vedere le cose e niente più. Ora la mente è come quella di un bambino. Mi ricordo, da bambino, dove sono cresciuto, quando me ne andavo a camminare in campagna per campi deserti, dove crescevano dei bellissimi lillà selvaggi, e mi ricordo che questi fiori primaverili mi facevano sempre una grande impressione. Cose così sono delle vere e proprie scoperte, quando si è bambini, e ancora non si hanno preconcetti e punti di vista rigidi sulle cose. E allora si sta con le cose, semplicemente, per quello che sono. Poi, crescendo, si comincia a dimenticare tutto questo. Adesso quante persone dicono: “Oh, un altro grigio e freddo inverno inglese pieno di nebbia. Vorrei essere a Tahiti. Vorrei poter andare da qualche parte dove ci sia tanto sole e tanti colori”. Queste sono reazioni condizionate. Vediamo un campo fangoso, la nebbia, il cielo grigio e la mente va: “Non mi piace, voglio vedere qualcosa di diverso, voglio vedere il sole e milioni di fiori primaverili e banane e noci di cocco, manghi e cieli azzurri”. E così, mentre gli occhi sono concentrati sul terreno fangoso, in realtà non lo stiamo più vedendo, c’è soltanto un rifiuto totale della situazione in cui ci troviamo. Così quando parliamo di meditazione, e la gente ci accusa di voler fuggire dalla realtà, possiamo rilanciare e dire: “Dov’è il mondo reale? Cos’è il mondo, cos’è reale?”. Perché quello che per molte persone è reale, non ha in sé nessuna realtà. E’ solo una percezione illusoria, basata sul pregiudizio, sulle proprie preferenze e sulla memoria del passato.

Questo tipo di mente è una mente condizionata a reagire in termini di disperazione e di depressione. Il mondo cui si è attaccati e in cui si crede non è mai soddisfacente, non se ne è mai contenti. In esso c’è sempre qualcosa di sbagliato, c’è sempre qualcosa che non va. Nella vita spirituale, invece, comprendiamo che qualsiasi cosa succeda, è solo il modo in cui le cose vanno avanti e si trasformano. Impareremo da questo, cresceremo e ci apriremo a questo. E così anche le difficoltà che sorgeranno, e la situazioni spiacevoli in cui ci troveremo. saranno parte di ciò, del modo in cui le cose sono. A volte è tutto molto luminoso e pieno di pace, a volte è tutto buio e confuso. Ma se iniziamo a contemplare ciò che chiamiamo “confuso” o ciò che chiamiamo “luminoso” o “beato”, e cosi via, solo per quello che è, solo per come le cose sono, allora non c’è niente di cui deprimersi e niente di cui esaltarsi. La “luminosa beatitudine” è così, ma non è il “me” e non è il “mio”, ed è impermanente. Il terreno fangoso o il cielo azzurro, il calore del sole o il freddo vento del nord: qualsiasi cosa, sta tutto nella mente. C’è spazio per tutto. E non c’è motivo per aver paura.

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