HO FIDUCIA IN UN MODO DI ESSERE SILENZIOSO, nell’intuire la presenza della mente, in uno spazio in cui i pensieri avvengono, ma non sono presi troppo sul serio. Ho fede nella consapevolezza. Credo che se la mente è sempre mantenuta in un’attenzione silenziosa, diventa come uno specchio. Comincia a riflettere le cose così come sono.
Avere fede nella consapevolezza è imparare a rimanere nella presenza della mente e a darle valore. E’ questa la mia pratica. Quando le cose sono difficili, mi siedo con gli occhi aperti e porto la mente ad essere presente il più possibile e poi cerco – anche se non ci è possibile guardare noi stessi in retrospettiva – di sentire cosa è la presenza mentale. Può essere molto bello. Anche se la coscienza non è che una cosa momentanea, che sorge a causa dell’occhio e di un oggetto visibile, possiamo riconoscerla nella nostra esperienza.
Ciò può portare gioia e pace nella vita. Capita che la gente si concentri su ciò che è negativo e se lo facciamo in rapporto a noi stessi, ci sentiamo depressi. Esaminare questa presenza della mente è un’altra cosa. La presenza mentale è la “porta verso la non-morte”. E’ una pienezza mentale, una vacuità della mente, uno stato privo di qualità specifiche. Come uno specchio, lascia che tutto vi si rifletta. Se riusciamo a rimanere e a funzionare in questa dimensione, è il Sentiero. Nel Dhammapada c’è l’espressione “l’attenzione è il sentiero verso la non-morte”. Questa è attenzione. Quando siamo consapevoli e presenti, non ignoriamo. Nell’insegnamento del Paticca-samuppada (origine dipendente) le cose sorgono a causa dell’ignoranza. In questa presenza mentale non ignoriamo; c’è un guardare direttamente all’esperienza.
La gente dirà: “Devo coltivare i fattori di illuminazione” e anche “Non posso progredire nella pratica fino a che non coltivo la pazienza e tutto il resto”. Ma quando rimaniamo con questa presenza mentale e ci rilassiamo in essa, la gioia comincia a sorgere, piti (rapimento) comincia a sorgere, cominciamo a diventare pazienti. Perciò non c’è da preoccuparsi del Nibbana, e neanche di sviluppare altre cose. Mi siedo e la gioia sorge. E questo avviene non perchè sono profondamente concentrato e perchè cerco di sviluppare la gioia, ma perchè mi sto rilassando nella presenza mentale. E man mano che questa presenza mentale diventa più nitida, sorge la gioia.
A un certo punto, invece di cercare di rilassarsi nella presenza, ci accorgiamo di diventare consapevoli che ‘c’è la presenza’. E insieme a ciò, tutto comincia a sorgere. E’ un’altra dimensione e avviene naturalmente. E allora, qualsiasi cosa stiamo facendo, sia che ci muoviamo velocemente o lentamente, che stiamo in piedi o camminiamo, le cose ci appaiono un po’ diverse, il mondo è un po’ diverso. Non dico che ho raggiunto qualcosa. Sto solo condividendo la mia
comprensione della consapevolezza.
Quando la mente ha presenza, diventa molto chiara su ciò che è giusto per noi e su ciò che è sbagliato per noi. Cominciano ad apparire chiare le cose che il Buddha ha insegnato, non dobbiamo stare a pensarci troppo; all’improvviso le realizziamo. Più ci rilassiamo nella semplice presenza, più le cose si risolvono da sole, fino a quando tutto l’interesse egoistico sparisce. Perciò il mio consiglio è di aver fede nello stare semplicemente presenti. Spostando continuamente la percezione iniziamo a vedere le cose così come sono. Il Buddha disse che aveva insegnato la Norma. Quando continuamo a spostare la percezione nella consapevolezza, ci muoviamo verso la Norma. La maggior parte del tempo siamo fuori della Norma, perchè ignoriamo. Ma quando entriamo nella consapevolezza, in questa pienezza della mente, allora ci muoviamo verso la Norma e permettiamo che le cose si riflettano dentro di noi. Siamo come uno specchio. Quando la consapevolezza è chiara diventa come uno specchio. Quando la presenza è molto chiara è come uno specchio, ma senza la cornice che lo rinchiude.
Quando entriamo in una stanza e ci sentiamo in pace, allora, nel fatto stesso di essere consci di questa pace, anche la gente diventa pacifica. Tendiamo a identificarci con la mente che divaga, ma se stiamo attenti alla pace, diventiamo la pace. Con la pace in questa stanza, spesso mi siedo qui e la sperimento in me. E’ una pace senza confini. Chiudo gli occhi e c’è pace dentro di me; non ci sono confini perchè i confini non sono che costruzioni. La pace di questa stanza ha una qualità d’infinito. La si può percepire. Questo è un modo per uscire dal mondo lineare. Spesso, quando c’è dukkha, non ci
allontaniamo da esso, ma lo facciamo quando ci muoviamo verso la consapevolezza. Muovendoci verso la consapevolezza, ci muoviamo verso la “non-morte”. E’ uno spostamento di percezione.
Le piramidi d’Egitto una volta erano ricoperte di calce di Turah. Viste oggi contro il cielo blu, sono semplicemente dei grandi blocchi triangolari, a cui sembrano interessanti solo a Vittoria, io e pochi altri. Ma originalmente erano ricoperte di calce di Turah e quando i raggi del sole le colpivano risplendevano di luce. Quando la gente le guardava, invece di vedere blocchi triangolari contro il cielo blu, facevano l’effetto opposto. C’era il cielo blu e le piramidi sembravano come finestre nel cielo aperte verso qualcosa di scintillante al di là da esse. Era uno spostamento di percezione. Anche questo spostamento in un modo non lineare è dello stesso genere. Non vuol dire che siate illuminati; ma che siete in grado di
comprendere più pienamente, di vedere in modo più preciso e di aprirvi alle cose così come sono. Ho fiducia in ciò. Questo vi offro.
© Ass. Santacittarama, 2007. Tutti i diritti sono riservati.
SOLTANTO PER DISTRIBUZIONE GRATUITA.
(Da un discorso offerto da Ajahn Vimalo al monastero di Amaravati
nell’agosto 2002)