Oggi, vorrei riflettere sul tema dell’unità e vorrei cominciare con una breve poesia del grande maestro cinese Li Po:

Gli uccelli sono spariti nel cielo
e ora svanisce l’ultima nuvola.
Ci sediamo insieme
la montagna e io
finché solo la montagna
rimane.

La ricerca dell’unità mi sembra un tema che attraversa tutta la nostra vita. Una delle più grandi sofferenze che sperimentiamo, come esseri umani, è la sofferenza di sentirsi separati, isolati, o esclusi. È un dolore che ha le sue radici nella solitudine, nella paura e nell’imbarazzo. Quando ci sentiamo isolati o non in contatto, questo senso di separazione può esprimersi in varie forme d’ansia, e cerchiamo di porre fine a questa sofferenza attraverso la ricerca di unità, nella relazione o nell’intimità, con gli altri, con la natura, con noi stessi.

Una delle più grandi fonti di gioia che sperimentiamo, come esseri umani, sono i momenti in cui abbiamo un barlume di unione. Quando scompare la separazione, prende il suo posto una profonda intimità e connessione. Questi barlumi di unione possiamo ritrovarli nelle stesse situazioni in cui sperimentiamo la separazione: nelle nostre relazioni con gli altri, nella natura, con noi stessi. E nei momenti in cui vi è un bagliore di unione, è presente la sensazione che quello che sta accadendo ci basti, sia sufficiente, non manca niente, nulla da conquistare o a cui aspirare.

Non abbiamo bisogno di situazioni speciali per incontrare questi barlumi di unione. Possono accadere in momenti di vera semplicità. E quando avvengono, sono momenti che ci dànno ispirazione e ci fanno intravedere una possibilità. La meditazione riverbera spesso la ricerca di unione.

Nella meditazione vengono sottolineate due dimensioni di unità: c’è l’unione che nasce dallo sviluppo di un’attenzione chiara e saggia nel presente, ed è la qualità di unione che nasce dalla concentrazione; e vi è un’altra dimensione di unione e non separazione che nasce dalla comprensione intuitiva.

Nella pratica di meditazione, sviluppiamo entrambe le dimensioni di unità. Riapprendiamo e riscopriamo la piena attenzione, e insieme approfondiamo la saggezza, lasciando cadere la confusione e i fraintendimenti. Ora, l’unione della concentrazione e l’unione della visione profonda non sono esattamente le stesse.

Penso che nessuno potrebbe affermare che la concentrazione è di per sé liberante, non è nemmeno un pre-requisito per la visione profonda, tuttavia è connessa allo sviluppo della comprensione intuitiva o visione profonda. Il Buddha creò questa immagine ternaria: sulla bontà del cuore si costruisce l’attenzione saggia; sull’attenzione saggia si edifica la comprensione profonda.

Ci sono alcuni temi paralleli presenti sia nell’unione sviluppata attraverso la concentrazione, sia nell’unione della comprensione intuitiva, perché sia la concentrazione che la visione intuitiva comportano il lasciar cadere e abbandonare la frammentazione, il distanziarci, la resistenza. Sia la concentrazione che la comprensione intuitiva coinvolgono l’essere pienamente nel momento presente.

Quando cominciamo a coltivare e a sviluppare la pratica meditativa, quello che sviluppiamo è l’attenzione saggia. È un processo di avvicinamento, sempre più intimo, al momento presente, imparando a vedere le cose così come sono, con grande semplicità, senza aggiungere, né togliere niente. Allora, quando respiriamo, semplicemente respiriamo; quando ascoltiamo, semplicemente ascoltiamo. In questa piena attenzione, il mondo delle associazioni, delle preferenze, delle simpatie e antipatie, comincia a tramontare.

Al Buddha una volta fu chiesto: “Come si riconosce un illuminato da un non illuminato?”. Il Buddha rispose con questo esempio: immagina una persona che cammina attraverso un campo, dove si trova un arciere che gli scaglia una freccia e la persona rimane ferita a una gamba. Allora, che la persona sia illuminata o non lo sia, sentirà male. Ma si può notare la differenza, se quella persona, guardando in su, vede l’arciere che sta per lanciare un’altra freccia. La persona non illuminata dirà: “So che anche questa freccia mi colpirà, so esattamente quanto mi farà male e quanto grande sarà la ferita”, e via dicendo tutte le storie che nella sua mente potrebbero sorgere. Mentre l’illuminato, probabilmente, se ne andrà dal campo.

Ora, questa qualità di piena attenzione è qualcosa che possiamo addestrare e che si attua attraverso lo sforzo saggio, la felicità e la chiara intenzione; attraverso questi fattori, mente e corpo pervengono a uno stato di calma, di silenzio, e di benessere.

Tutte le pratiche di attenzione saggia sono essenzialmente pratiche che diminuiscono il senso di distanza e di isolamento. Dovendo attraversare strati di resistenza, strati delle nostre storie, e di irrequietezza, alcuni hanno difficoltà a coltivare l’attenzione saggia; tendono ad avere una visione gerarchica e a pensare che la concentrazione non sia molto importante. Talvolta questa resistenza sorge semplicemente perché la concentrazione necessita di molto sforzo e energia: come avrete visto in questi giorni, coltivare l’attenzione saggia richiede un’immensa dedizione. È vero che la mente non attenta può avere molte comprensioni intuitive, ma molto spesso rimangono a livello del pensiero, senza avere potere trasformante.

In inglese abbiamo il detto: l’ignoranza è beatitudine. Penso che sia stato inventato da qualcuno che aveva molte intuizioni, ma non abbastanza concentrazione. Noi ci vediamo cadere e ricadere sempre nello stesso buco, e questa esperienza, alla fine, crea frustrazione: frustrazione di essere prigionieri delle nostre abitudini che causano sofferenza, l’abitudine all’indugio, le ossessioni, o le simpatie e antipatie.

Non c’è necessariamente mancanza di visione profonda in tutto questo, ma quello che manca è la calma necessaria che permette a queste visioni profonde di penetrare a livello cellulare, dove la comprensione è sufficientemente forte da sradicare l’abitudine alla confusione. Queste abitudini di confusione richiedono veramente l’attenzione saggia.

L’attenzione saggia provvede un ambiente interiore di calma e benessere, dove la comprensione può toccarci in profondità. L’attenzione saggia è un antidoto alla frammentazione, che consiste nella sensazione di essere persi senza fine nei nostri pensieri riguardo la realtà, pensieri che spesso ci conducono a smarrirci in storie e costruzioni molto drammatiche.

Quando ho cominciato a insegnare, uno dei primi ritiri che ho condotto era nella foresta tropicale in Australia. Avendo vissuto a lungo in Asia, mi vedevo come una persona forte e stabile, ma gli Australiani sono gente davvero solida. Quando per la prima volta entrai nella foresta tropicale, dov’era situato il centro, mi accorsi ben presto di quanti animali selvaggi vivano nella foresta. Devi camminare molto consapevolmente sul sentiero, perché i serpenti velenosi amano dormirvi. Non puoi camminare nella foresta, senza che qualche sanguisuga ti cada sopra e ti si attacchi addosso. E c’erano enormi, gigantesche lucertole che sembravano coccodrilli. Tutti gli australiani mi dicevano: “Sono animali selvaggi molto mansueti, non ti faranno del male”. E dicevano: “È solo una lucertola!”, ma io ero sicura che fosse un coccodrillo quello che cadeva dagli alberi.

E poi la capanna nella foresta: costruiscono le capanne senza porte. Durante la notte, tutti gli animali selvaggi, che di solito stanno fuori, entrano dentro. Chiaramente, stando sdraiati a letto, sul pavimento, senza elettricità, ci si può solo immaginare cosa sia entrato. E io giacevo lì, aspettando di essere mangiata da un coccodrillo o che un serpente mi si avvitasse intorno al collo.

Dopo essere rimasta nella morsa del panico per alcune notti, mi venne in mente che la vera chiave per avere a che fare con tutto questo poteva essere l’attenzione saggia. C’era un intervallo vuoto, tra i suoni che sentivo e la storia che immaginavo a riguardo, e non era certo possibile trovare rifugio nella storia; ma ascoltare un suono solo come un suono, questo era un rifugio.

Mi vengono in mente quei meravigliosi versi cinesi che dicono:

la grande Via non è difficile per coloro che non hanno preferenze.

Quello che la saggia attenzione fa è demolire l’abitudine di allontanarsi da ciò che è, perché l’abitudine di abbandonare ciò che c’è è anche l’abitudine di creare separazione e distanza. Quindi, noi nella pratica impariamo a ritornare sempre di nuovo, in virtù dell’unione, a questo momento. E ogni volta che torniamo al respiro, ogni volta che iniziamo di nuovo, stiamo anche imparando la profonda lezione del lasciar andare. Lasciar andare la frammentazione, la divisione, l’indugio. Ci addestriamo nella semplicità e nella calma. Tutto questo coltiva il fattore dell’unità.

È detto che nel campo della concentrazione ci sono cinque fattori di sviluppo dell’unione o dell’assorbimento. Sono: attenzione applicata, attenzione sostenuta, rapimento, felicità, e unità. Il primo fattore, l’attenzione applicata, è quello che pratichiamo qui. È quello da cui partiamo: portiamo l’attenzione, ancora, sempre di nuovo, al momento presente. E questo ci avvicina, e avvicinandoci, essendo più vicini al respiro, siamo più vicini al momento presente.

Inoltre, constatiamo che la nostra attenzione è spesso riluttante a rilassarsi in questa unità. Perdiamo interesse nel respiro, ci annoiamo, l’attenzione viene presa in ostaggio da qualcos’altro che sta accadendo, o si perde nelle reazioni a quello che avviene. Diamo qualche occhiata di sfuggita al respiro, ma sembra che ci sia molto altro che si frappone: suoni, pensieri, sensazioni del corpo, tutte cose che si intromettono. All’inizio, ci troviamo a cercare di spingere via tutto questo, reagiamo, e trattiamo tutto come distrazione, ma così facendo diventiamo più tesi, e aumenta la resistenza.

Più avanti, cominciamo a vedere che la coltivazione dell’unità deve includere tutto. Così, invece di lamentarci, o resistere, o lottare con i suoni e le sensazioni, scopriamo che possiamo portare la stessa attenzione saggia a tutto quanto. E invece di perderci o di diventare reattivi, impariamo a sostenere tutto quello che sorge, con un’attenzione calma e gentile; e vediamo che la forza della nostra attenzione sta nell’illuminare tutto quello che c’è. E quando tutto è illuminato dall’attenzione saggia, non esistono ostacoli.

In questa calma, ci spostiamo dall’attenzione applicata all’attenzione sostenuta. Quando la mente e il corpo cominciano a integrarsi, e riposano in un senso di felicità e benessere, non c’è bisogno di molto sforzo per essere presenti, perché scopriamo che essere presenti, svegli e attenti è di fatto un aspetto della felicità.

Quando arriviamo a un’attenzione naturale e senza sforzo, riposiamo nel respiro: il respiro respira se stesso, c’è il semplice ascoltare, il solo camminare. Questa è detta attenzione sostenuta, perché è semplice riposare nel momento presente.

All’interno dell’attenzione sostenuta, sorge il rapimento, un profondo e intenso senso di beatitudine, che pervade la mente e il corpo, e accade un grande silenzio. Questo senso di rapimento diventa più calmo e si muta in una forma molto quieta e silenziosa di felicità; e la felicità è ciò che dà origine all’unione o assorbimento. Questo è lo sviluppo della concentrazione.

Non l’ho esposto per deprimervi con pensieri su quanto distanti siate dall’unione, ma per comprendere che c’è un intero percorso di sviluppo all’interno del sentiero della concentrazione. E la felicità è un aspetto importantissimo dello sviluppo della concentrazione. Si dice che nella mente di felicità, l’attenzione trova il suo vero fondamento.

Gli stati di unione che si raggiungono attraverso la concentrazione sono temporanei, dipendono da certi fattori: energia, tempo, sforzo. Ma, anche se gli stati di concentrazione sono temporanei, da essi nascono benefici e comprensioni durevoli. Vorrei menzionare alcuni di questi benefici. Prima di tutto, la scoperta di una qualità di felicità interiore, profonda e intensa, che non dipende da ciò che riceviamo attraverso i sensi; non è qualcosa che acquisiamo, otteniamo, o raggiungiamo.

Nella scoperta di questa qualità di felicità interiore, c’è una profonda comprensione del fatto che non si può, altrimenti, raggiungere uno stato piacevole comparabile a questo. E questa comprensione cambia la nostra relazione con il mondo: diminuisce la tendenza all’attaccamento e all’avversione, spezza l’ossessione ad acquisire e a liberarsi da.

Nel benessere di questi stati di concentrazione, troviamo un vero grande silenzio. E scopriamo che amiamo essere presenti, e, per questo, la mente tende a perdere la sua dipendenza e infatuazione per il mondo dell’essere perennemente indaffarati, dell’agitazione e della fantasia; tende a perdere la dipendenza dall’ansia e dall’indugio, ed emerge la sua capacità di pensare liberamente e creativamente. In questo senso, la mente diventa una nostra grande amica.

Questa è una delle dimensioni dell’unità. C’è una sorta di fusione tra due cose, in cui chi respira è assorbito dal respiro, l’ascoltatore è assorbito nel suono. Ma c’è anche un’altra dimensione di unione, che nasce dalla visione profonda, che nasce dal vedere la trasparenza della separazione.

Il senso di separazione, negli insegnamenti del Dharma, è considerato un fraintendimento, radicato nell’attaccamento a un’idea del sé, come separato, isolato, e indipendente da altri sé. Attenersi all’idea di un sé fisso, nel mezzo di un mondo di persone e di cose che cambia, attaccarsi a questa credenza nel sé, rende tutto il resto ‘altro’. E, proprio come percepiamo il nostro sé come indipendente e isolato, vediamo anche gli altri sé come indipendenti e isolati. È una prospettiva che incute paura. Ed è terreno fertile per un incessante attaccamento e avversione.

E l’incessante avvicendarsi di attaccamento, avversione e separazione è la natura stessa dell’alienazione. Un mistico cristiano disse che l’ansia è lo stato d’animo dell’ignoranza. Certo c’è ansia, se viviamo in modo da vedere la separazione ovunque, perché abbiamo paura della perdita, o timore di essere feriti, o la paura di mancare di qualcosa; e queste paure ci spingono ad afferrarci e attaccarci ancora più strettamente.

Non sempre ascoltiamo le sensazioni di ansia come messaggeri, quali sono. Sono messaggeri che ci chiedono di osservare se la separazione è una cosa reale, mentre noi vogliamo istantaneamente liberarci dall’ansia; e passiamo il tempo ad aggrapparci o a distrarci in un modo o nell’altro, creando nelle nostre vite ulteriore paura e resistenza.

È curioso che quello che stiamo cercando, nell’attaccarci e aggrapparci, è una sorta di unione. Pensiamo che afferrandoci alle cose, afferrandoci alle persone molto strettamente, possiamo farle nostre o scomparire in loro, ma attorno a tutta questa attività di afferrarci e attaccarci c’è, naturalmente, la realtà. E cosa fa la realtà? Cambia continuamente, si muove in continuazione: è una bruttissima notizia per l’attaccamento, perché niente starà fermo per noi, e noi, in realtà, non possiamo aggrapparci a niente.

Così, ci troviamo davanti a questo doloroso dilemma o enigma: ci aggrappiamo alle cose, per liberarci dalla sofferenza della separazione, dall’ansietà, ma viviamo in un mondo in cui non è veramente possibile aggrapparsi a nulla. Se lo capiamo in profondità, è una comprensione molto potente che ci permette di fare un passo indietro, per osservare le radici del senso di separazione e della sofferenza. Questo è il punto da cui possiamo cominciare a vedere la trasparenza della separazione.

Quello che effettivamente vediamo non è reale separazione, ma le svariate formazioni mentali che sorgono e passano, seguendo il loro ritmo, abbracciate da una consapevolezza molto espansiva, molto ampia. Se costruiamo la nostra casa negli oggetti, pensieri, idee, che sorgono e passano, dicendoci: “Grazie all’attaccamento, questo è quello che io sono”, allora avremo sempre frammentazione.  Se invece, attraverso la comprensione, siamo capaci di riposare nell’atto stesso del vedere e nella consapevolezza, questa espansività, questa ampiezza non è più limitata dal continuo sorgere e passare e ha una qualità di silenzio in cui la comprensione intuitiva arriva come una grazia e dove la trasparenza diventa una profonda comprensione.

L’attenzione ha come suo frutto la calma e il silenzio; e il silenzio ha come sua natura la capacità di ascolto e la ricettività; e la ricettività ha la possibilità di essere toccata dalla comprensione profonda.

(di Christina Feldman)

[Traduzione di Chandra Candiani]

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