Durante zazen concentratevi bene sulla postura del vostro corpo. Ben seduti al centro dello zafu, lasciate che il bacino si inclini bene in avanti, in modo che le ginocchia premano bene al suolo, senza fare sforzi muscolari. Rilassate bene il ventre e lasciate che il peso del corpo prema bene sullo zafu. Se siete obbligati a tendere le reni per fare in modo che le ginocchia tocchino il suolo, sarà forse meglio che alziate lo zafu. A partire dalla vita si estende bene la colonna vertebrale rilassando le tensioni delle schiena. Si estende la nuca come se volessimo spingere il cielo con la sommità del capo. Simultaneamente il mento è rientrato e le spalle rilassate. Allora possiamo sentire una forte energia nella nuca, che stimola la vigilanza. Lo sguardo è posato davanti alle nostre ginocchia sul suolo.

E’ inutile chiudere gli occhi per concentrarsi, perché se non vi attaccate agli oggetti della vista davanti a voi, non disturberanno la vostra concentrazione. Allora non c’è bisogno di chiudere gli occhi per non vederli. Al contrario, se chiudete gli occhi, rischiate o di addormentarvi o di cominciare a sognare.

Il viso è disteso e la lingua contro il palato. Se vi concentrate bene sul contatto della lingua contro il palato, questo vi aiuterà a calmare il discorso interiore. La mano sinistra è nella mano destra. I pollici orizzontali, il bordo delle mani in contatto con il basso ventre. In questa posizione le mani non fabbricano nulla e nemmeno afferrano nulla.

Se si porta l’attenzione sulle mani, per esempio sul contatto dei pollici, questo aiuta a realizzare uno spirito che non fabbrica nulla, e soprattutto uno spirito che non si sofferma su nulla. In altre parole, a ritrovare uno spirito fluido che non si identifica con i suoi pensieri, e soprattutto che smette di discriminare.

In zazen lo spirito abbandona ogni giudizio. Non ci preoccupiamo se i pensieri sono buoni o cattivi, veri o falsi. Si osserva l’impermanenza, la vacuità e si lascia andare. Certamente, per concentrarsi in questo modo, c’è bisogno di pensarci; ma una volta che si è entrati in questa concentrazione, bisogna dimenticare l’oggetto di questa concentrazione, cioè dimenticare il corpo e non creare più separazione tra noi stessi, lo spirito che vuole concentrarsi e il corpo come oggetto di concentrazione.

Il modo in cui abbandonare l’attaccamento al corpo è di essere semplicemente attenti alla respirazione. Si inspira ed espira con calma attraverso il naso. Eventualmente, si cerca di andare fino in fondo all’espirazione; e soprattutto, seguiamo la respirazione, siamo attenti alla respirazione. Questo ci riporta continuamente al qui ed ora della pratica, e ogni volta che facciamo ritorno alla respirazione, lasciamo la presa naturalmente da tutti i nostri oggetti di pensiero e attaccamento. Così, la respirazione è il mezzo migliore per restare perfettamente presenti qui e ora per tutto il tempo della pratica, non solo durante zazen: durante la cerimonia, durante la passeggiata, durante il pasto, il samu, il riposo.

Essere ‘uno’ con la respirazione vuol dire essere ‘uno’ con la vita di qui e ora. E così, divenire intimi con lo spirito che si manifesta qui e ora. E’ il senso della sesshin: divenire intimi con lo spirito che non dimora su nulla e che è sempre perfettamente presente.

Tratto dal sito http://www.sanrin.it