Road on the Montana plains near the Rocky Mountain Front Ranges of Glacier National Park USA

Chi guarda fuori, sogna; chi guarda dentro, si risveglia.
(Carl Gustav Jung)

Se vuole vincere la contesa per il futuro, la spiritualità deve anzitutto superare un grande pregiudizio. Nell’immaginario collettivo la scienza ha da lungo tempo screditato la religione. I fatti hanno rimpiazzato la fede. La superstizione è stata lentamente sconfitta. Ecco perché la teoria darwiniana della discendenza dell’uomo dai primati prevale sulla Genesi, e perché per l’origine del cosmo guardiamo al Big Bang anziché a un mito della creazione popolato da uno o più dèi. È quindi essenziale chiarire che la religione non va confusa con la spiritualità.

E nemmeno Dio equivale alla spiritualità. Nei secoli le religioni organizzate possono essersi indebolite, mentre la spiritualità non ha subito sconfitte. Migliaia di anni fa, nelle culture di ogni parte del mondo, maestri spirituali come Buddha, Gesù e Lao Tze hanno proposto profonde visioni della vita. Hanno insegnato che al di là del mondo quotidiano di dolore e di lotta esiste un mondo trascendente. Benché l’occhio veda rocce, montagne, alberi e cielo, questo non è che un velo che cela un’altra, vasta, misteriosa, invisibile realtà. Al di là della portata dei cinque sensi vi è un regno invisibile di infinite possibilità, e la chiave per dispiegarne il potenziale è la consapevolezza.

Guardati dentro, proclamavano saggi e veggenti, e troverai la vera fonte di ogni cosa: la tua consapevolezza. È questa la grandiosa promessa che la religione non ha saputo concretizzare. Le ragioni di questo insuccesso qui non ci interessano, perché questo è un libro sul futuro. Basti dire che se davvero il regno di Dio è dentro di noi, come annunciava il Cristo, se davvero il nirvana è liberazione dalla sofferenza, come insegnava il Buddha, e se davvero la conoscenza del cosmo è racchiusa nella mente umana, come sostenevano i rishi,1 gli antichi saggi dell’India, oggi guardandoci intorno non possiamo certo dire che i loro insegnamenti abbiano dato i frutti sperati.

Sempre meno persone nel mondo credono alla vecchia maniera, e anche se i più anziani a volte lamentano questo declino delle religioni tradizionali, chi si è allontanato da una di queste in genere neanche sente più il bisogno di giustificarsi. Da tempo la scienza ha dispiegato dinanzi ai nostri occhi un mondo nuovo che non richiede di avere fede in un regno invisibile. Il vero problema è la conoscenza, e come raggiungerla. Gesù e Buddha non avevano dubbi sul fatto che stessero descrivendo la realtà da una posizione di autentica conoscenza. Dopo oltre duemila anni, noi pensiamo di saperne di più. La scienza celebra i suoi trionfi, che indubbiamente sono tanti, e giustifica le sue catastrofi, anche queste numerose e in aumento. L’atomica ci ha catapultati in un’era di distruzione di massa che al solo pensarci suscita incubi atroci. L’ambiente è stato disastrosamente compromesso dalle emissioni dei macchinari che la tecnologia ci fornisce per renderci la vita migliore. Eppure, i fautori della scienza minimizzano queste minacce, riducendole a trascurabili effetti collaterali o a imperfezioni della politica sociale. La morale, ci viene detto, non è responsabilità della scienza.

Ma se guardiamo più in profondità, notiamo che la scienza è incorsa nello stesso errore della religione. La religione, infatti, ha perso di vista l’umiltà dinanzi a Dio, e la scienza ha smarrito il suo timore reverenziale, considerando sempre di più la natura come una forza da soggiogare per carpirne i segreti e metterli a disposizione dell’umanità. E ora ne stiamo tutti pagando il prezzo. Alla domanda se l’Homo sapiens sia a rischio di estinzione, alcuni scienziati rispondono ottimisticamente che nel giro di poche centinaia di anni i viaggi spaziali saranno abbastanza perfezionati da permetterci di abbandonare il nido planetario che stiamo irreparabilmente avvelenando. E allora via, a deturpare altri mondi! Tutti sappiamo qual è la posta in gioco: il futuro incombe cupo su di noi. La soluzione standard per le nostre attuali sventure è fin troppo familiare: la scienza ci salverà con nuove soluzioni tecnologiche per risanare l’ambiente, rimpiazzare i combustibili fossili, curare il cancro e l’AIDS e porre fine alle carestie. Di’ soltanto il nome del male che ti affligge, e subito qualcuno ti indicherà una soluzione scientifica proprio dietro l’angolo.

Ma la scienza non sta forse promettendo di salvarci da se stessa? E perché dovremmo credere a questa promessa? La visione del mondo che ha sconfitto la religione, e che guarda alla vita come a qualcosa di essenzialmente materialistico, ci ha messi su una strada che porta a un vicolo cieco. Letteralmente. Anche se riuscissimo miracolosamente a liberarci dell’inquinamento e dell’eccesso di rifiuti, le generazioni future non disporranno ugualmente di un buon modello di vita, se non quello che ci ha portati al fallimento: consumi incontrollati, sfruttamento selvaggio delle risorse naturali e diabolica creatività bellica. Come ha amaramente detto un giovane studente cinese parlando dell’Occidente: «Vi siete mangiati tutto quello che c’era sul tavolo. Ora ci concedete dolce e caffè, ma volete che il conto lo paghiamo noi». La religione non è più in grado di risolvere questo dilemma, ha già avuto la sua chance. Ma la spiritualità può farlo eccome! Abbiamo bisogno di tornare alla fonte della religione. E la fonte non è Dio, bensì la consapevolezza.

I grandi maestri vissuti nei millenni passati hanno offerto qualcosa di più radicale della fede in una potenza superiore. Hanno offerto un modo di vedere la realtà che prende il via non dai fatti esteriori e da un’esistenza fisica limitata, ma dalla saggezza interiore e dall’accesso alla consapevolezza illimitata. L’ironia è che Gesù, Buddha e altri illuminati erano anche scienziati. Avevano un modo di scoprire la conoscenza che correva parallelo a quello della scienza moderna. Anzitutto c’era un’ipotesi, un’idea che necessitava di prove. Poi la sperimentazione, per vedere se l’ipotesi era vera. Infine la verifica, in cui le nuove scoperte venivano sottoposte ad altri ricercatori, che dovevano riprodurle.

L’ipotesi spirituale proposta migliaia di anni fa si articola in tre punti:
1. C’è una realtà invisibile, che è la fonte di tutte le cose visibili.
2. Questa realtà invisibile è conoscibile attraverso la nostra consapevolezza.
3. Intelligenza, creatività e capacità organizzative sono insite nel cosmo

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tratto dal libro: Le due anime del mondo – Deepak Chopra