Suzuki Roshi disse che la rinuncia non consiste nel fare a meno delle cose di questo mondo, ma nell’accettare che se ne vadano via.  Tutto è impermanente: prima o poi tutto se ne andrà.
La rinuncia è uno stato di non attaccamento, di accettazione di questo passare.  L’impermanenza è, in effetti, solo un altro nome della perfezione.  Le foglie cadono; il letame e l’immondizia si accumulano; ma dal letame nascono i fiori, le piante: cose che pensiamo siano belle. La distruzione è necessaria.  Senza distruzione, non ci potrebbe essere nuova vita e la meraviglia della vita, del cambiamento costante  non potrebbe esistere. Dobbiamo vivere e morire, e questo processo è in sé perfezione.  Tutto questo cambiamento non è, tuttavia, ciò che avevamo in mente.  Non siamo predisposti ad apprezzare la perfezione dell’universo.  Siamo inclini a trovare un modo per durare per sempre nella nostra immutevole gloria…
Chi, notando i primi capelli grigi non ha pensato: Ahi-ahi? (Charlotte Joko Beck – © copyleft perle.risveglio.net)