La pratica è l’uscita da qualsiasi idea di spiritualità che non sia la radicale abitazione dell’adesso. E rispetto a questa abitazione ci sono tutti i miei desideri riguardanti l’adesso. tutte le mie speranze e obiezioni sull’adesso. Sono proprio esse che mi fanno entrare in una fantasiosa spiritualità secondo la quale dovrebbe capitare qualcosa di particolare a questo adesso.

Ma l’adesso sempre mi riporta qui e mi fa capire quanto sono lontano dalla semplicità dell’abitarlo. L’adesso mi ricorda quanto io pensi la libertà come libertà dall’adesso e non dell’adesso. E allora la pratica è molto umilmente tornare a quello che l’adesso semplicemente chiede, con il suo carico a volte di leggerezza, altre di dolore, di gioia, di tristezza, …

La pratica è sentire quanto sono quasi continuamente in resistenza rispetto a ciò che è.

“È essenziale non separare questi due aspetti, perché la realtà è una. Non ci sono due realtà, da un lato la realtà spirituale e dall’altro la realtà del quotidiano. Direi che c’è il reale e il mio sogno. Il fatto di dover rimanere coinvolti nell’attività quotidiana, in tutte le sue forme, è un ottimo modo per evitare fantasie di realizzazioni. Le sfide della vita quotidiana, come un maestro implacabile, mi mostrano in questo momento il mio livello di realizzazione. Se la minima situazione mi pone un problema è il segno che non sono libero e ringrazio il reale di offrirmi questa opportunità di vederlo.
La pratica essenziale è di essere molto onestamente all’opera in ogni situazione che la vita propone. Vedere quando l’io lotta contro il reale pensando che dovrebbe essere altrimenti. Sentire l’impatto di questa resistenza a livello fisico e psichico. Poi scoprire la leggerezza quando non mi difendo e sono con gli eventi. La fatica viene raramente dall’attività stessa ma dalla mia resistenza”

dal sito lameditazionecomevia.it di Gianfranco Bertagni

( Nathalie Delay )