“Spesso le nostre pratiche […] contengono un nucleo della nostra peculiare spiegazione inconscia di ciò che darà un significato alla nostra vita: Felicità. Amore. Essere liberi dai conflitti emotivi. Aiutare gli altri.Se solo potessi ottenere e non perdere mai questa o quella qualità.Ma la nostra pratica zen […] procede in una direzione del tutto diversa.

Qui tendiamo a sperimentare la vita dall’interno. E poiché, dall’interno, siamo il nostro respiro, siamo il nostro corpo, siamo proprio questo momento, il significato del momento è sinonimo dell’essere il momento, a prescindere dal suo contenuto.Quando etichettiamo i pensieri, in realtà ci esercitiamo a sperimentarli come un altro aspetto ancora della nostra vita che emerge in questo momento. Il pensiero ha uno strano modo di cercare di uscire fuori da se stesso, fuori dal momento, addirittura fuori dal corpo, come se fosse un osservatore e un commentatore indipendente, disincarnato, della scena che gli passa davanti. Perciò continuiamo a riportare l’attenzione all’interno. Soltanto zazen. Soltanto pensare. Soltanto essere questo momento.

Dall’interno, chiedere quale sia il significato della vita è come chiedere quale sia il significato di un albero, del cielo o dell’oceano. Il significato di un albero è essere albero; il significato del cielo è semplicemente il cielo, e così via. Da questo punto di vista, potremmo dire che il significato di cosa sta accadendo è inseparabile da cosa sta semplicemente accadendo. E che ‘cosa’ sta accadendo momento per momento è tutta la risposta che c’è. Alla fine, non è tanto che la nostra domanda trova una risposta, quanto che semplicemente svanisce.Allora, la prossima volta che qualcuno vi chiede: «Cosa è il Significato della Vita?», voi potete rispondere: «Proprio così! COSA è il significato della vita!».[…]Pratichiamo lasciando stare noi stessi ed essendo semplicemente questo momento. Essere pienamente nel momento comporta, sotto l’aspetto psicologico, riappropriarsi di quelle parti di noi che abbiamo scisso o dissociato e, sotto l’aspetto spirituale, riconnettersi con la vita nella sua interezza. […]La vita si presta di continuo a ricordarci che dobbiamo svegliarci e andare più in profondo.

Di cosa si serve per farci ricordare? Della rabbia, dell’angoscia, dell’irrequietezza, della noia, solo per fare qualche nome, e ciascuna di queste emozioni ci ricorda che in qualche modo la vita non si adegua a una delle nostre aspettative nascoste. Ed è qui che dobbiamo scavare. La rabbia ci indica dove! Dobbiamo scavare in profondo e trovare il modo di rendere consciamente espliciti a noi stessi i modi vaghi, non completamente formulati, di plasmare l’esperienza, che vanno a stuzzicare qualche scomodo elemento della realtà facendo scattare quella reazione emotiva. Una volta che li abbiamo resi espliciti, diventano semplicemente un altro pensiero ancora di cui possiamo renderci conto mentre attraversa la nostra coscienza. Ancora quella vecchia storia.

Ma finché quei vecchi modelli non ci saranno davvero chiari e familiari, ci daranno continuamente da fare dietro le quinte, specialmente in quei momenti in cui pensiamo di stare soltanto seduti, non facendo niente.Il vero zazen non è un lasciarsi andare passivi, con poca energia, durante i periodi di pratica seduta.

Lo zazen deve essere sveglio, attivo, consapevole. Dobbiamo tenere costantemente le antenne dritte per cogliere qualsiasi immagine, suono e sensazione che sorga nel corpo. E dobbiamo fare di quel livello di attenzione la nostra seconda natura, come la rana che sembra seduta trasognata sulla sua foglia di ninfea, ma che non appena passa una mosca, ZAP! Non era poi seduta tanto passivamente.Allora. State soltanto seduti. Lasciate stare tutto. Non fate niente. Ma fatelo davvero”

(Barry Magid Guida zen per non cercare la felicità )