Dov’è la mente? Questo è il problema principale da affrontare, la mente è invisibile, senza forma, si presenta come fenomeno psicologico, di pensiero, è l’aspetto più difficile da comprendere, non è maneggevole, eppure tutta la nostra felicità o infelicità dipendono dalla mente, per questo è fondamentale saperla riconoscere, dunque meditare.

La connessione tra la meditazione e la mente è basilare così come lo è il legame tra i concetti, l’immaginazione, i pensieri con la struttura biochimica del corpo, perché lo stato biologico condiziona inevitabilmente quello mentale.

Poiché in Europa viviamo in una società avanzata culturalmente, scientificamente, tecnologicamente, siamo in grado di analizzare i fattori biochimici del corpo e la loro influenza sullo stato meditativo, un armonico funzionamento fisiologico favorisce una buona meditazione.
E’ sorprendente constatare come alcune reazioni emotive siano determinate da precise condizioni fisiche. Nella mia cultura, nei miei studi, si tendeva a considerare esclusivamente l’aspetto mentale e psicologico degli eventi, incluse le emozioni, mentre ora sappiamo che questo non è l’unico fattore che le determina, anche il corpo ha il suo peso.

Anche nelle antiche tradizioni si riconosceva che alcune reazioni potevano sorgere su una base fisiologica, ma mancava la capacità di analizzarle scientificamente, ora invece se ne può misurare e comprovare l’influsso sullo stato mentale, emotivo e persino spirituale.

Se negli insegnamenti classici si insegna a riconoscere e distinguere le tendenze positive dalle negative e a lavorare su se stessi per trasformare le emozioni eccessive, la tecnologia moderna pare disporre di strumenti in grado di valutare il livello di infelicità o infelicità dei soggetti, di codificare ogni stato d’animo, incrociando tutte le variabili sino a poter stabilire la personalità buona o cattiva e le tendenze individuali.

Non c’è però contraddizione tra il procedimento tradizionale della mente e quello della scienza moderna, entrambe sono presenti, sia la componente più strettamente legata alla reazione fisiologica che quella emotiva elaborata su un piano mentale.
Ogniqualvolta ritorno a casa e incontro i miei genitori mi sento felice, ma quando devo lasciarli la tristezza è profonda e sul piano mentale questo è giustificato dal distacco, dalla lacerazione affettiva, ma anche sul piano biologico avvengono reazioni che spesso non sono sufficientemente prese in considerazione.

Questo è un aspetto sottile su cui ragionare per poter comprendere cosa sia in realtà la mente, quando si è felici si dice “questa è la mente”, e altrettanto quando si è infelici, ad esempio tutti parlano della telepatia, ma non è detto che si tratti di un fatto solo mentale, potrebbe dipendere anche da elementi fisici che determinano una comunicazione molecolare senza fili tra le persone. La scienza oggi offre maggiori strumenti per analizzare e comprendere questi fenomeni e prenderne atto non significa affatto entrare in contraddizione con i procedimenti tradizionali classici, al contrario, esaminando i due aspetti nella loro complementarietà sarà più facile comprendere la natura dei fenomeni, come si formano e perché.

La radice della felicità o dell’infelicità affonda in noi stessi e soltanto nella costruzione di un equilibrio, frutto dell’elaborazione mentale delle reazioni emotive, sarà possibile controllare l’aspetto biochimico affinché non divenga predominante.

Il corpo, secondo le antiche definizioni tradizionali, è costituito dai quattro elementi fondamentali: terra, acqua, fuoco e aria, differenti e tra loro in costante antagonismo, ciò rende impossibile la stabilità della materia in una condizione di quiete e di serenità; sul piano fisico il caos e la confusione sono costanti, il cambiamento è ininterrotto, lo sviluppo di un bambino è visibile giorno per giorno e altrettanto l’energia incontrollabile dell’adolescente, anche l’adulto cambia continuamente giungendo alla vecchiaia e infine alla morte, come può questo corpo, in una situazione di perenne mutamento, trovare pace, serenità, equilibrio? Impossibile, persino nelle scritture antiche si dice che se anche si vivesse in un palazzo dorato, non sarebbe possibile avere felicità e pace, anzi maggiori sono le comodità del corpo più grande è la confusione della mente.
La vera questione da affrontare è: cos’è la mente? cosa sono queste emozioni piacevoli o spiacevoli che influenzano così pesantemente il proprio stato, che natura ha tutto questo?
Sottostante a questo sentirsi bene o male, come si colloca questa aggressiva percezione di io, di essere pesantemente presente in ogni situazione eppure altrettanto indefinibile, imprendibile, che cosa è dunque questo io? è la cosa più misteriosa in noi, quando si cerca di afferrarlo scompare, ma quando non se ne ha coscienza ricompare prepotentemente. E’ un fenomeno sorprendente, come un magnifico arcobaleno ben visibile, ma se si tenta di afferrarlo non c’è nulla da ghermire.
Questo senso dell’io che ci fa dire:“io sto bene… io sto male… io sono così… io sono in un altro modo…” cos’è? da dove viene? perché è soggetto costantemente alla pressione di dover essere il migliore, in ogni aspetto fantastico, superiore?
Nell’insegnamento spirituale classico la domanda su cosa sia l’io in tutte le sue manifestazioni è fondamentale.

Potremmo considerare questa presenza prepotente e manifesta fin dalla nascita come il peccato originale, ovunque si vada si è protetti dalla maschera di questo io.
Se subiamo un’aggressione non diciamo: il corpo è stato battuto, il braccio è stato spezzato, la testa ha ricevuto percosse, ma: mi hanno picchiato, mi stanno uccidendo, io ho un dolore tremendo…” perché istintivamente siamo prevaricati da questo presunto me, dall’arrogante io con cui ci identifichiamo totalmente.

Tanto è maggiore l’emozione quanto più evidentemente si impone l’io, però se ne avessimo maturato una chiara consapevolezza saremmo in grado di riconoscerlo, di imparare ad osservarlo.
Qui sta la radice del problema, ma la radice è sconosciuta e questo rappresenta un ulteriore problema, ecco perché l’ignoranza fondamentale è realmente la causa di tutti i problemi.
L’ignoranza fondamentale è la non conoscenza del problema stesso, e per questo nelle scritture si insiste sulla necessità della realizzazione del sé, cioè di conoscere cosa esso realmente sia.
Non conoscere la radice del problema significa non conoscere il problema stesso, e dunque non conoscere l’io, perché conoscendo l’io si conoscerebbe la radice del problema e
se ne troverebbe la soluzione, ma questa conoscenza è ottenibile soltanto nella pratica della meditazione.

Nella meditazione è possibile giungere alla radice del problema, all’io, al sé e dunque alla mente stessa, non si tratta di meditare sulla mente degli altri, questo sarebbe davvero assurdo e impossibile, persino meditare su oggetti esterni è difficile, bensì di meditare sulla propria mente, un compito estremamente arduo visto che non se ne conosce l’essenza, e allora, come si può meditare su qualcosa di cui si ignora persino l’esistenza?
Da questi interrogativi risulta evidente come la nostra visione del mondo sia assolutamente illusoria. Generalmente si pensa che l’illusione sia una conoscenza falsa, ma in realtà non è così, l’illusione è non-conoscenza, se non si conosce nemmeno la propria mente com’è possibile conoscere ciò che la mente conosce? questa è l’illusione fondamentale e, non conoscendo la propria mente, come si può conoscere altro?
Lama Geshe Gedun Tharchin