Un giornalista, anni fa, mi chiese informazioni per un servizio che sarebbe dovuto apparire in occasione del Vesāk su uno di quei quotidiani che vengono distribuiti gratuitamente in molte città. Ci siamo scambiati alcuni messaggi. Non so quando — e se —poi queste note siano state pubblicate, ma ho pensato che possano star bene qui.
Mettena cittena.
(Flavio Pelliconi)
1) Un buddista in che cosa crede?
Un buddista crede che il pieno risveglio spirituale sia la sua vera natura e che la pratica della meditazione sia lo strumento per suscitarlo qui e ora. Un’antica metafora dice che il risveglio è come una pietra focaia e che la pratica della meditazione è come l’acciarino che fa scoccare la scintilla.
2) Un buddista crede nell’aldilà?
Il buddismo comprende un gran numero di miti e credenze sull’aldilà che, comunque, non formano un «credo» paragonabile a quello delle religioni abramitiche. La credenza più diffusa e condivisa è senza dubbio quella nella rinascita, che però non va intesa come «reincarnazione» o metempsicosi, perché secondo il buddismo non esiste alcun’anima individuale; e senza un’anima individuale non può esserci alcuna «trasmigrazione». Quel che rinasce è soltanto un’energia generata dalle volizioni (anche inconsce) della mente dell’individuo nel corso della vita. Perciò quel quid che rinasce non è un’anima individuale, ma solo karma impersonale, per usare una parola tanto abusata quanto, spesso, malintesa.
3) Che cosa significa karma?
Karma è una parola sanscrita che vuol dire «azione, atto». L’etimologia è la stessa della parola latina creare. Col tempo, però karma è venuto via via ad assumere, nel linguaggio popolare, i significati di «risultato dell’azione», «predestinazione» e anche «destino». Ma nel buddismo per karma s’intende soprattutto l’energia sottile della volizione associata a ogni azione che compiamo. Per esempio, se all’azione si associa una volizione gentile e nonviolenta, ciò produce, inanzitutto nella mente (e quindi nel «destino» che la nostra mente ci creerà) un buon effetto; mentre, al contrario, se all’azione si associa una volizione distruttiva e violenta, ciò produrrà, inanzitutto nella mente di chi la fa (e quindi nel «destino» che la mente gli creerà) un effetto indesiderato. Credere nel karma, perciò, non significa adagiarsi nel fatalismo, ma, al contrario,prendere in mano la propria vita, perché la qualità del nostro futuro — non solo di quello remoto, ma anche di quello prossimo, immediato, che comincia qui e ora nella nostra mente— dipende interamente da noi. Credere nel karma vuol dire credere d’essere gli artefici del proprio destino.
4) I buddisti adorano Buddha?
Il buddismo esiste da 2500 anni e nel corso dei secoli ha dato origine a numerose pratiche devozionali di adorazione dei Buddha divinizzati e dei Bodhisattva (una specie di santi buddisti) che vengono invocati per riceverne grazie e benefici. Anche i seguaci delle scuole più rappresentative dello spirito originario del buddismo antico tributano al Buddha un deferente omaggio che sconfina nell’adorazione. Va però ricordato che un buddista, mentre adora il Buddha, sa che quel Buddha cui sta rendendo omaggio formale è in realtà latente dentro di lui. L’autentico significato dell’omaggio al Buddha è un rammemorarsi che la qualità che il Buddha rappresenta, cioè il pieno risveglio spirituale, è la vera natura di ogni essere senziente dell’universo.
5) Come si fa a diventare buddisti?
Diventare buddisti è semplice: basta cominciare ad astenersi dall’agire male, cercando di fare invece del bene, dedicandosi nel contempo alla meditazione per purificare la mente. Per far ciò non è necessario convertirsi al buddismo, né iscriversi al partito buddista e non è nemmeno necessario abiurare la religione dei propri antenati. Basta cominciare mettendo in pratica i «comandamenti» che già si conoscono. Per esempio, essendo gentili con gli altri e magari anche generosi, mettendo a disposizione di chi ne ha bisogno una parte dei nostri averi e del nostro tempo.
5) La filosofia buddista sembra complicata. Non è un ostacolo alla sua diffusione?
Se il buddismo nel corso dei secoli s’è diffuso in tutta l’Asia ed ora ha cominciato a penetrare anche da noi, ciò è dovuto al fatto che presenta aspetti che fanno presa immediata e che non abbisognano di educazione filosofica per essere compresi. La gentilezza, la nonviolenza, l’atteggiamento compassionevole verso tutti gli esseri senzienti dell’universo, l’attenzione a ogni più piccolo gesto del vivere quotidiano, sono atteggiamenti che fanno presa su chiunque e sono universalmente apprezzati. In ogni caso la prima cosa è vedere il il Buddha in sé stessi e in tutti gli altri esseri viventi; la seconda è la pratica della meditazione per liberare la mente da tutte le ostruzioni e sovrastrutture che inibiscono la percezione della nostra vera natura; la terza è lo studio, che dev’essere funzionale alla pratica e non sostituirsi ad essa. Il buddismo, secondo una celebre allegoria, è come una zattera, che serve per attraversare il flusso della sofferenza esistenziale e che, una volta servita allo scopo, si può anche buttare. Non è il caso di portarsela sempre appresso una volta giunti all’altra riva e — men che mai! — di portarsela in testa senza neanche attraversare…
6) Meditare è difficile?
Meditare è semplice, tuttavia non è facile. Il cuore della meditazione buddista consiste nel prestare una viva attenzione a tutti i particolari della vita quotidiana. La pura terra di Buddha è qui e ora e possiamo cominciare anche subito a camminarci. Basta essere vividamente coscienti delle miriadi di cose che ci vengono incontro a ogni istante. Basta aprirsi all’attenzione, distogliendo la mente dal suo incessante dialogo interno e portandola sulla realtà del momento presente, alla vita che già stiamo vivendo. Ci sono molte tecniche e pratiche, ma in realtà, ciò che conta è l’intenzione, ossia il cuore. Meditare come un buddista vuol dire dare attenzione alla meraviglia che il momento presente dispiega di fronte alla nostra percezione in ogni prezioso istante della nostra vita; inoltre vuol dire praticare non solo per se stessi, ma a beneficio di tutti gli esseri dell’universo.
7) Che cos’è un mantra?
Un mantra è una giaculatoria, una preghiera. Nel buddismo ci sono molti mantra. Ma un mantra può anche essere molto personale e non è nemmeno necessario che sia buddista. Basta che sia buddista l’intenzione con cui lo si proferisce. In preghiera è meglio avere un cuore senza parole piuttosto che parole senza cuore: perciò nel buddismo, anche il semplice atto del respirare con cosciente attenzione, può diventare una silenziosa e inespressa preghiera senza parole al principio divino che tuttto pervade. La cosa importante, quando si proferisce un mantra o si esala un respiro, è l’intenzione di portare luce e sollievo dalla sofferenza a tutti gli esseri senzienti dell’universo, perché tutto il mondo, tutti i mondi possibili, possano essere in pace e felici.
8) Quali sono i comandamenti buddisti?
Non si tratta di comandamenti veri e propri, ma di linee-guida per agire in modo da non nuocere né a se stessi né agli altri esseri. Non sono l’espressione dell’autorità esterna di un Buddha che ci dice che cosa fare o non fare, ma sono piuttosto, l’espressione della nostra vera natura compassionevole e saggia, che in tal modo comincia a manifestarsi. L’etica buddista è il comportamento naturale d’una persona illuminata: se la mettiamo in pratica, comportandoci «come se» fossimo già illuminati, diamo modo a questa natura che è nello stesso tempo immanente e trascendente di manifestarsi. In ogni caso il primo precetto è: non uccidere! L’astensionedalla violenza in ogni sua forma è la caratteristica principale del vero praticante. Poi c’è la non-appropriazione, che copre un campo più vasto del semplice non rubare. In terzo luogo abbiamo l’astensione da una condotta sessuale che arreca dolore a noi stessi o ad altre persone. In quarto luogo c’è il retto discorso, fatto di parole sincere, gentili e necessarie. In quinto luogo abbiamo l’astensione dallo stato alterato di ubriachezza, ebbrezza e sbadatezza causato dalla birra, dal vino, dai liquori e da ogni droga che impedisca la pratica della vigilanza.
9) I buddisti sono vegetariani?
Il buddismo non prescrive il vegetarismo, ma molte persone, in seguito alla pratica della meditazione sviluppano col tempo una sempre maggiore compassione verso tutti gli esseri che li porta naturalmente verso un minore consumo di carne.
10) A lei personalmente che cosa ha dato il buddismo?
Molte piccole e grandi cose, ma sopra tutte, direi, un grande rispetto, che sconfina nell’adorazione, del momento presente.
Flavio Pelliconi
tratto dal gruppo Facebook “Buddhisti Italiani“