Riflessioni sull’io – Jiddu Krishnamurti

riflessioni-sull-io-krishnamurti-200In questo testo monografico
su un tema filosofico,
ma anche esistenziale,
comune a moltissime vie di ricerca,
Krishnamurti è come un soffio di vento acuto e tagliente
che mette in questione, e a volte spazza Via,
l’intera organizzazione della personalità;
anche di chi ricerca la liberazione,
di chi si adopera per gli altri,
ma inevitabilmente si identifica in quei valori,
in quegli sforzi, in quelle azioni ‘spirituali’.
La struttura dell’io si può infrangere solo istantaneamente.
“O lo fate subito o mai più”.

 


Introduzione

È possibile vivere senza appoggiarsi psicologicamente a un’autorità, sia essa esterna oppure l’autorità delle proprie passate esperienze? Per Jiddu Krishnamurti questa, adeguatamente precisata, è la domanda chiave. La sua risposta è che è possibile e che solo in questo modo possiamo collegarci pienamente a ciò che è reale.

Krishnamurti non è stato un filosofo in senso classico. Non era interessato a elaborare teorie o a discutere la sua visione. Ciò nonostante, ciò di cui si occupava è coerente con la filosofia. Come Socrate, che riteneva che il suo esempio e le sue domande invogliasser0 gli ascoltatori a esaminare criticamente i presupposti su cui poggiavano le loro convinzioni, anche Krishnamurti, attraverso l’esempio e la ricerca, incoraggia i suoi ascoltatori a esaminare criticamente le supposizioni da cui dipende la loro stessa esperienza di se stessi e del mondo. In altre parole, laddove Socrate stimolava quello che oggi chiameremmo ‘pensiero critico’ (o semplicemente ‘filosofia’), Krishnamurti stimola quello che potremmo chiamare
‘sguardo critico’ (e che chiama a volte ‘consapevolezza priva di scelta’).

Quello che Socrate chiedeva agli ateniesi oggi è normale, almeno tra i filosofi e gli studenti di filosofia. Abbiamo imparato la lezione che voleva insegnarci. Ma al suo uditorio originario, gli ateniesi, quello che Socrate invitava a fare poteva sembrare strano e addirittura inutile. Quale bene poteva mai venire, molti di loro si saranno domandati, dall’annullare le conoscenze tradizionali? Perché, si saranno chiesti, dovremmo ricominciare daccapo dopo avere appreso così tanto? Ma la distorsione prodotta dal peso di ciò che avete accumulato, cercava di far capire Socrate, è appunto il problema [..]

 

Felicità

Interlocutore: Non stiamo forse cercando la felicità?
Krixbnamurti: Per rispondere a questa domanda, per capirla a fondo e pienamente, non dobbiamo forse comprendere prima che cos’è questa ricerca? Perché cerchiamo la felicità? Perché questa continua caccia alla felicità, alla gioia, a essere qualcosa? Perché c‘è questa ricerca, questo immenso sforzo per trovare? Se riusciamo a comprenderlo e a indagarlo pienamente, forse capiremo che cos‘è la felicità senza doverla cercare.

Dopo tutto, la felicità è un sottoprodotto di secondaria importanza. Non è un fine in se stessa, se fosse un fine in se stessa non avrebbe senso. Che cosa significa essere felice? Un uomo che beve un bicchiere è felice. L’uomo che getta una bomba contro altre persone è esultante e dice di essere felice, o che Dio è con lui. Sensazioni momentanee, che scompaiono, danno questo senso di felicità.

Ma c’è sicuramente un’altra qualità che è essenziale alla felicità. Perché la felicità non è un fine, non più della virtù. La virtù non è un fine in se stessa; dà la libertà e in questa libertà c’è lo scoprire. Perciò, la virtù è essenziale. Al contrario, una persona non virtuosa è schiava, in disordine, continuamente perduta, confusa. Ma considerare la virtù come fine a se stessa, o la felicità come fine a se stessa, ha scarso significato. La felicità non è un fine. È un punto secondario, un sottoprodotto che viene in essere se comprendiamo qualcos’altro.
È questa comprensione di qualcos’altro, e non la ricerca della felicità che è importante. [..]

[..] La mente non potrà mai trovare la felicità. La felicità non è qualcosa da cercare e trovare, com‘è invece la sensazione. La sensazione si può trovare tante volte, perchè la si perde continuamente; ma la felicita non si può trovare. La felicità ricordata è solo una sensazione una reazione pro o contro il presente. Ciò che è finito non è felicità; l’esperienza della felicità che è finita, è sensazione, perché il ricordo è il passato e il passato è sensazione. La felicità non è una sensazione.

I .: Che cos’è la felicità? Non è la ricerca della felicità che spinge la mente a volere nuove esperienze? Esiste uno stato di felicità che è al di là della mente?

K.: Perché chiediamo ‘che cos’è la felicità? È il giusto approccio? È la giusta indagine? Non siamo felici. Se fossimo felici il nostro mondo sarebbe completamente diverso; la nostra civiltà, la nostra cultura sarebbero totalmente, radicalmente diverse. Siamo esseri umani infelici, meschini, sconsolati, vani, in lotta; ci circondiamo di cose futili, inutili e cerchiamo soddisfazione in piccole ambizioni. il denaro, la posizione. Siamo esseri infelici nonostante la nostra conoscenza. il denaro, le case lussuose, un mucchio di figli. automobili, esperienze.
Siamo esseri umani infelici e sofferenti. Dato che soffriamo m0 la felicità e così ci facciamo traviare da chi promette la felicita sociale, economica o spirituale. Vogliamo fuggire da ciò che è: dalla sofferenza, dal dolore, dall’isolamento, dalla disperazione. Vogliamo fuggire da tutto ciò, questa fuga e un’esperienza c chiamiamo questa esperienza felicità. C’è un altro tipo di felicità?
A che cosa mi serve chiedere se esiste la felicità mentre stò soffrendo? Posso comprendere la sofferenza? Questo è il mio problema non come essere felice. Sono felice quando non soffro; ma nel momento in cui ne sono cosciente, non è più feliità. Non è così?
Nel momento in cui so di essere virtuoso, non sono più virtuoso. Nel momento in cui so di essere umile, coraggioso, generoso; nel momento stesso in cui ne sono consapevole, non lo sono più.

Libertà

La libertà non significa forse non dover seguire nessuno? Dovete essere liberi di indagare, di non accettare, di non dipendere da una guida, da un sistema, da un salvatore, da un guru. La libertà implica poter indagare, non attraverso quello che dicono gli altri, ma indagare da voi, investigare, esaminare l’intera struttura della mente umana: la nostra mente, la vostra mente.

Qualunque forma di conformismo, di imitazione di un modello, di uno stampo, non consente la libera ricerca. E ciò di cui parleremo richiede la libertà di ascoltare, non solo le parole ma il significato delle parole; non essere schiavi delle parole, non accettare ciò che dice chi parla né rifiutarlo, ma ascoltare per scoprire. Scoprire da voi, non secondo qualche interpretazione, non secondo le parole di un altro, ma scoprire da V0i la verità o la falsità di quanto viene detto.

Libertà non è fare ciò che si vuole. Questa non è affatto libertà. Penso che probabilmente proprio questa libertà abbia creato grande sofferenza nel mondo: tutti fanno ciò che vogliono. E sempre più dilagante in questo Paese in cui non c’è tradizione, non c’è disciplina; uso la parola ‘disciplina’ in un’accczione completamente diversa, che adesso esamineremo.

La libertà non implica la scelta. Pensiamo di essere liberi solo se possiamo scegliere. Non so se avete mai esaminato il problema della scelta. Davanti a voi avete tutto uno spiegamento, i vari maestri, yogi, filosofi, scienziati, psicologi e analisti, che bombardano continuamente la vostra mente, giorno dopo giorno. E tra questo spiegamento scegliete la persona che credete di dover seguire, a cui credete di dover dare ascolto.

Scegliete in base al vostro temperamento, in base ai vostri desideri, in base a ciò che vi piace. Vi prego di ascoltare con attenzione, se potete, perché siete proprio di fronte a questo problema quando quelle persone vi dicono: “Segui questo e non seguire quello”, “Fai questo” 0 “Fai quello”. Siete di fronte al problema di chi ascoltare e di chi seguire, quel maestro, quella filosofia o quel guru.

Non siete liberi, ed è assolutamente necessario essere liberi per scoprire da voi che cos’è vero e che cos’è falso; quello che nessun altro può dirvi, nessun sistema, nessuna filosofia e nessun guru. Quando siete di fronte a questo spiegamento di maestri, filosofi e sistemi venite forzati, perché siete confusi, perché la vita è diventata terribile, dolorosa, incerta; c’è così tanta povertà, minacce di distruzione, violenza, e volete fuggire da tutto ciò; siete costretti a scegliere uno di loro. La vostra scelta si basa ovviamente sulla confusione se seguire, ascoltare quel maestro, quel guru o quel filosofo, e così iniziate a dipendere da voi stessi, pensando di essere liberi di scegliere. Il terreno della scelta è invariabilmente la confusione. Non siete forse confusi quando scegliete? Non vi sentite incerti quando scegliete una cosa tra tutte le altre? Perciò la vostra scelta è essenzialmente il risultato della confusione.

Credo che per quasi tutti noi sia abbastanza ovvio che ciò che pensiamo è condizionato. Qualunque cosa pensiate, per quanto nobile e ampia oppure limitata e meschina, è condizionata; e se incoraggiate questo pensiero non può esserci libertà del pensiero. Il pensiero stesso è condizionato, perché il pensiero è una reazione della memoria e la memoria è il residuo di tutte le vostre esperienze, che a loro volta sono il risultato del vostro condizionamento, Se comprendiamo che tutto il pensiero, a qualunque livello, è condizionato, vedremo che il pensiero non è il mezzo per aprirci un varco attraverso questa limitazione, il che non signi?ca cadere in un nulla o in un silenzio speculativo.

Estratti dal libro “Riflessioni sull’io” Jiddu Krishnamurti – Astrolabio Ubalidini Editore

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