Articolo a cura di Valdo Vaccaro
Tra le pandemie annunciate è stato ora il turno di quella suina poi risoltasi in una forma influenzale che, però, neccessita del suo vaccino… E, accorti, questa volta, a non farvi mancare il vaccino di routine preinvernale a che peste non vi colga! Eppure stando alle ricerche spurie, non evidenziate dagli interessi farmacologici, il seme è niente e il terreno è tutto.
SUPERSTIZIONE DEL CONTAGIO E CULTURA DELLA SALUTE
Ho una grossa esperienza diretta di queste indegne messe in scena a livello planetario, di questi mini-Aids controllati e guidati a bacchetta dai Servizi SegretiAvevo deciso di starmene buono.
Ho troppa esperienza diretta di questi panichi e di questi allarmismi.
Mi trovavo in Asia durante le ultime influenze Aviaria e SARS, e ne ho viste di tutti i colori.
Polizia sanitaria in ogni aereoporto.
Controlli esasperanti con termometri elettronici pronti a rilevare un minimo segno di febbre nei passeggeri.
Tripla razione di spray velenosi sulle teste dei viaggiatori ancora allacciati alle cinture (in Australia).
Sguardi sospetti ogniqualvolta uno scende in una nuova destinazione.Qualche viaggiatore disgraziato che tossisce e che viene preso in disparte per ulteriori controlli.
Esatta fotocopia di quanto è successo e sta ancora succedendo con l’influenza suino-messicana.
Prime pagine a titoli apocalittici.
Pagine della salute cariche di scemenze da parte di professori universitari e di docenti, di medici e sanitari, il più delle volte privi di scienza e di salute, privi di argomenti e privi di bussola.
Dichiarazioni demenziali di presidenti e premier, privi di autorità, di coerenza e di saggezza.
Nulla al mondo si prende per contagio, se non la scemenza e la stupidità.
La prima cosa che mi viene in testa è chiara e lampante: non ho alcuna paura della febbre.
Sono disposto a sfiorare o baciare in senso tecnico la prima ragazza disponibile, messicana o newyorkese, con 40 di febbre suina aviaria-caprina ed asinina, per dimostrare al mondo che non si prende un accidente.
Sono disposto a farlo di fronte a una commissione internazionale indipendente di tecnici e scienziati verificatori, per dimostrare che niente e nulla al mondo si prende per contagio, quando il proprio sistema immunitario funziona al meglio. Mi servirà solo il nulla osta di mia moglie.
Il discorso vale per l’Aids, il papilloma e tutto il resto.
Andiamo dunque a interrogare la Scienza Salutistica più affidabile e più libera da corruzione
l’Igienismo Naturale, una delle fonti attendibili e libera da corruzione in questo mondo folle e sbandato, sull’infettività dei microrganismi.
Lo scienziato tedesco Robert Koch (1843-1910) ha fissato le leggi e i paletti adatti a capire quando si può accusare un batterio (e a maggior ragione un virus) di essere il vero responsabile di un’epidemia:
1) Il microrganismo deve essere trovato in ogni caso di malattia (in ogni persona colpita).
2) Il microrganismo non deve essere trovato nei soggetti che non presentano i sintomi della malattia.
3) Il microrganismo deve essere capace di sopravvivere (batterio) o di permanere (virus) fuori dai tessuti del corpo.
4) Il microrganismo, reintrodotto nell’organismo, deve essere in grado di riprodurre lo stesso tipo di malattia causata in precedenza.
Ai suoi tempi non erano ancora conosciuti i virus, ma le leggi di Koch valgono oggi sia per i batteri che per i virus (anzi valgono ancora meglio per i virus, essendo essi parassiti non viventi ed incapaci di rilasciare tossine o di adattarsi a mutazioni ambientali come avviene per i batteri).
Criteri di infettività non rispettati nel caso di diverse malattie considerate infettive
Caso 1) Già l’eminente ricercatore canadese William Osler (1849-1919) scoperse che il bacillo della difterite è assente nel 28-40% dei casi di difterite. La prima legge di Koch, per cui il batterio/virus deve essere trovato in ogni caso di malattia, non viene rispettato nella tubercolosi, nella difterite, nella febbre tifoide, nella polmonite e in altre malattie.
Caso 2) Nemmeno la 2° legge viene rispettata, perché specifici batteri/virus della malattia si trovano ripetutamente anche in soggetti nei quali non ci sono sintomi della malattia stessa.
Caso 3) Anche la 3° legge non viene rispettata, perché i batteri/virus non sono capaci di vivere o di prolificare fuori dai tessuti corporali.
Anche per i 3 casi citati ho parlato di batterio/virus associati, nel senso che il discorso vale per entrambi.
Sono le condizioni di suscettibilità del paziente a fare del batterio o del virus un agente infettivo.
La Bio-Chemical Society di Toronto (Canada) condusse una serie di esperimenti dove colture di germi della tifoide, difterite, polmonite, tubercolosi e meningite, vennero fatte consumare in abbondanza a un gruppo di volontari sani e ben pagati.
Il risultato?
Nessuno di essi si ammalò.
Ma, quando le condizioni di suscettibilità vengono interdette, tutto il discorso cambia, a conferma del fatto che sono le condizioni del corpo ospitante a determinare il tutto, e non il microrganismo in sé.
Il batterio o il virus da solo (Dr Shelton’s Hygiene Review, feb 1972) possono causare una malattia niente più di come un fiammifero non acceso ed attivato può causare un incendio.
Non possiamo schivare i batteri e i virus. Dobbiamo essere a prova di entrambi.
Possiamo evitare le malattie solo mantenendoci in uno stato ottimale di salute tale per cui i batteri e i virus nulla possono contro di noi.
Batteri, amici indispensabili, accompagnatori ma non causa di malattia.
I batteri sono ubiquitari, stanno con noi da quando nasciamo a quando moriamo. La vita sul pianeta sarebbe impossibile senza di essi.
Trattasi dunque di creature amiche, di collaboratori ottimi, di preziosi alleati mangia-rifiuti, e non certo di nemici.
Entrano in azione immediatamente quando c’è una pericolosa accumulazione di materiale tossico che minaccia l’integrità del nostro corpo.
Non si nega che i batteri siano intimamente associati con molte malattie anche serie.
Non si nega che essi elaborino certe tossine e che emettano pure nel nostro corpo i loro rifiuti corporei, complicandoci ulteriormente la vita.
Non si nega il ruolo dei batteri nell’evoluzione della malattia.
Ma essi non sono affatto la causa primaria e fondamentale della malattia, come troppa gente pensa, in fotocopia con la medicina ufficiale.
I virus come i detriti cellulari interni o comunque come entità esterne inanimate nelle quali ci imbattiamo regolarmente
I batteri accompagnano le malattie, non le causano, il che è cosa assai diversa.
Pressappoco lo stesso discorso si può fare per i virus.
Le condizioni dell’ammalato derivano sempre dal suo modo improprio di vivere e di mangiare, non dai batteri e non dai virus in sé.
I batteri non producono malattia: è la malattia che li produce.
I virus invece non sono altro che detriti cellulari (derivati da nostre cellule spente e morte).
Più che amici, sono sostanze inevitabili che formiamo al nostro interno con la continua morìa cellulare, oppure sostanze esterne nelle quali ci imbattiamo.
Non sono entità viventi come i batteri, e sono incapaci di riprodursi in un ospite sano, dotato cioè di sistema immunitario funzionante.
Il concetto assurdo e medievale della moltiplicazione dei virus
E’ assurdo parlare di moltiplicazione dei virus.
Ci può essere solo sommatoria ed accumulazione, derivata sempre dalla moria continua e massiccia di nostre cellule spente, le quali, se non vengono pulite con regolarità da un bel sangue fluido e scorrevole, diventano alimento proteico per i batteri ed anche garitta o guscio di inserimento per i virus cadaverali acquisiti dalle carni, dal pesce, dai latticini, dai gelati, dagli yogurt, dalle uova e da tutte le folli proteine animali di cui l’umanità si nutre.
I cibi sbagliati, carnei, cotti, zuccherati, lattati, ovati, salati, incaffeinati ed intheati, hanno la caratteristica di sospendere il normale processo metabolico cellulare, e di far accumulare nel proprio corpo i propri detriti cellulari.
Alla fine, si va a peggiorare ed a rendere densa e rallentata la qualità del liquido nobile che ci nutre e ci ripulisce, del rosso e scorrevole sangue che diventa meno rosso e meno scorrevole, e che la medicina cerca poi di migliorare a colpi di eparina.
L’estrema pericolosità delle proteine animali in ambito virologico
E’ per questo che ogni piatto di carne, può essere dannoso per l’essere umano, dotato come è di un sistema gastrointestinale, di un sistema immunitario, di un sistema-corpo, smaccatamente fruttariani, e per niente onnivori come certi nutrizionisti universitari vanno tuttora insegnando, in questo pianeta quanto mai sprovveduto ed oscurato dall’ignoranza più nera.
Ai cani, ai gatti e alle iene, le proteine animali non causano grossi inconvenienti, essendo essi attrezzati di potenti acidi e di formidabili enzimi antiurici, nonché di un sangue acido, e non alcalino come quello umano.
Cosa sono dunque queste entità sotto-microscopiche chiamate virus?
I virus esistono solo come entità inanimate, fino a quando non vengono decomposti, demoliti, espulsi.
Diversi e molteplici i nostri organi interni, e diversi i tipi di detriti cellulari, cioè i virus endogeni che ne derivano.
Trattasi di molecole di acido desossiribonucleico (DNA), circondate da una catena di membrane proteiche.
Ogni cellula umana (10 trilioni di cellule in tutto) possiede milioni di organuli interni i quali, in sede di dissolvimento o morìa, o rinnovo cellulare, diventano detriti o spazzatura organica chiamata virus.
Non basta essere medici, virologi, immunologi, infettologi, per capire profondamente queste cose.
Serve piuttosto avere sempre tanta bussola e corretto orientamento.
Serve acquisire visuale cinematografica e non fotografica, visuale fisiologico-spirituale e non solo materiale-meccanicistica.
Il mito di una immunizzazione che non esiste
Non è possibile rendere una persona immune (disease-proof), renderla a prova di batterio o a prova di virus, con mezzi chimici o biochimici.
Al massimo esiste una debilitazione del vaccinato e quindi una sua ridotta reattività.
Il modo evidente e più garantito per minimizzare la reattività è quello di ammazzare il paziente, mentre per massimizzarla basta tenerlo nella più alta forma fisica possibile.
Le epidemie, le pandemie, non significano effettiva trasmissione di virus o di batteri da un uomo all’altro, come si tenta di affermare.
Esse sono solo la conseguenza di alti livelli di tossine nel sangue di tante persone contemporaneamente, legate ed accomunate da abitudini simili, da intossicazioni simili, da pensieri-preoccupazioni-stress simili e condivisi.
La vaccinazione è la peggiore invenzione mai concepita dall’uomo nella sua storia
Le inoculazioni e i vaccini sono puri veleni, sono interferenze estranee che by-passano il sistema immunitario, sono processi ammalatori e debilitanti della vitalità, che nulla hanno a che fare con la guarigione e la salute.
Non fanno bene ai sani e soprattutto ai bambini, perché quelli hanno già il loro potentissimo sistema immunitario funzionante.
Non fanno bene ai malati e agli anziani, perché essi sono già sufficientemente gracili per subire ulteriori indebolimenti.
La vaccinazione è la peggiore invenzione mai concepita dall’uomo nella sua storia.
Tutte le pandemie vengono superate ed eliminate grazie ai miglioramenti esterni ed interni
L’unica cosa che elimina le pandemie di ogni tipo sono i miglioramenti dell’ambiente circostante e quelli interni al proprio corpo, non certo i vaccini.
Tanto più che tutti i microrganismi hanno la capacità di adattarsi, di mutare in continuazione, rendendo superflua, parallela, ininfluente, e comunque sempre dannosissima la vaccinazione.
Ad esempio il cocco della polmonite diventa bacillo della tifoide alimentandosi del virus tifoide, e viceversa.
E’ stato dimostrato più volte come l’introduzione di colture batteriche e virali non è in grado di causare malattie nei corpi sani.
Ci sono fatti esperimenti in cui si sono introdotte colture abbondanti di tifoide, difterite, polmonite, tubercolosi, meningite, senza che esse abbiano causato alcun effetto.
I batteri sono dunque amici onnipresenti che entrano in azione quando esiste cibo da consumare (rifiuti e tossine da mangiare ed eliminare). Guai se i batteri non ci fossero.
Il batterio o il virus nel corpo non è sinonimo di malattia infettiva
Il dr Rene Dubos, famoso batteriologo e premio Pulitzer 1968, contraddice l’assunto medico secondo cui i germi hanno caratteristiche specifiche e immutabili nella loro struttura e nelle loro caratteristiche chimiche.
Lo stesso Louis Pasteur si accorse nel 1880 dei suoi errori gravi e cambiò radicalmente rotta, ma era agli sgoccioli della propria vita.
Il danno grave lo aveva già fatto.
E la medicina, specialista da sempre a raccogliere il peggio e a scartare il meglio, aveva già adottato ed interiorizzato i suoi schemi stravaganti, portandoli con sé fino alla data odierna.
Il vecchio Pasteur si accorse che i batteri mutavano a seconda delle condizioni del paziente, e che un corpo sano e resistente non era suscettibile ad essi.Si convinse alla fine che fattori fisiologici controllabili erano basilari nello stabilire la vulnerabilità alla malattia e concluse, con parole sue, che La presenza nel corpo di un agente patogeno non è necessariamente sinonimo di malattia infettiva, ovvero hanno ragione i miei detrattori, tipo Bernard e Koch, secondo i quali il seme è niente ed il terreno è tutto.
da macrolibrarsi – http://www.macrolibrarsi.it/speciali/cercasi-virus-per-nuovo-vaccino.php
Articolo di Valdo Vaccaro – http://valdovaccaro.blogspot.com/
Riferimenti articoli correlati:
http://pomodorozen.wordpress.com/2009/09/03/influenza-suina-vaccino-si-o-no/
http://www.nexusedizioni.it/apri/Argomenti/Medicina-e-salute/Omicidio-di-massa—di-Barbara-Milton/
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