Io penso che dobbiamo parlare insieme di qualcosa di fondamentale importanza, qualcosa di cui ogni essere umano dovrebbe occuparsi perché riguarda la nostra vita, la nostra attività quotidiana, il modo in cui noi sprechiamo i giorni e gli anni della nostra vita.

Perché ? E a che scopo?

Noi nasciamo e moriamo, e in questi anni di dolore e di angoscia, di gioia e di piacere, si perpetuano l’eterna battaglia e l’eterno sforzo di andare in ufficio o in fabbrica per quaranta o cinquant’anni, di cercare di dare la scalata al successo, di accumulare denaro, piacere, esperienza, conoscenze; e alla fine, la morte. Alcuni scienziati dicono che l’uomo progredisce grazie alla conoscenza. È proprio così?

Noi sappiamo un’infinità di cose su molti argomenti – biologia, archeologia, storia e così via – ma non sembra che questa conoscenza abbia modificato l’uomo in maniera radicale, profonda. Non fanno che perpetrarsi il conflitto, la lotta, il dolore, il piacere, l’eterna battaglia di sempre per l’esistenza.

Poiché noi vediamo che tutto ciò continua ad accadere in ogni paese e a ogni latitudine, di che cosa si tratta? È molto facile rispondere con una spiegazione emotiva, romantica, nevrotica, oppure intellettuale o razionale.

Ma se voi mettete da parte tutte queste cose che, per quanto intellettuali dimostrano tutte una certa superficialità, io penso che si tratti di una domanda molto importante. È importante porsela ed è importante trovare una risposta personale senza lasciarsi condizionare da un prete, da un guru o da un qualsiasi concetto filosofico, senza affermare niente, senza credere in niente, senza coltivare alcun ideale, ma soltanto una profonda osservazione. In caso contrario, la nostra sarà una vita fatta di automatismi. Il nostro cervello si è abituato a un modo di vivere mecca­nico; ora, una parte del cervello deve essere necessariamente meccanica, per quanto riguarda l’acquisizione della conoscenza e nell’uso ingegnoso di questa conoscenza in ogni circostanza della vita, in ogni azione ester­na, e da un punto di vista tecnologico.

Ma la conoscenza che abbiamo acquisito – e di conoscenza possiamo accumularne sempre di più – non risponde alla domanda fondamentale: qual è il significato, in che cosa consiste la profondità della nostra vita?

Noi vediamo bene che tutta l’umanità deve creare un’unità, perché soltanto così la razza umana sopravviverà fisicamente e biologicamente.

Non saranno certo i politici a risolvere questo problema, non l’hanno mai fatto! Al contrario, manterranno le separazioni: da ciò traggono grandi vantaggi. L’umanità deve unirsi, è un fatto fondamentale per la sua esistenza, che tuttavia non può accadere attraverso regole, dogmi burocratici, leggi e cose del genere. Quando dunque noi osserviamo tutto ciò dal nostro punto di vista di esseri umani che vivono nel caos di un mondo praticamente impazzito – la vendita di armamenti per profitto, l’uccisione di persone in nome di un’idea, di una nazione, di un dio -che cosa dobbiamo fare? E a che scopo tutto ciò?

Le religioni hanno cercato di dare un senso alla vita: parlo delle reli­gioni istituzionalizzate, propagandistiche, ritualistiche. Ma nonostante i duemila o i diecimila anni di vita, l’uomo ha semplicemente affermato certi principi, certi ideali, certe deduzioni, ma lo ha sempre fatto a paro­le, sempre in maniera superficiale e irrealistica. Perciò, se siamo seri – e dobbiamo esserlo, altrimenti non viviamo in maniera reale, il che signi­fica che non sorridiamo o non ridiamo mai – seri nel senso di un impe­gno totale rispetto al problema globale dell’esistenza, penso diventi molto importante scoprire un senso personale della vita. Quando dunque ci chiediamo qual è il senso globale della vita, ci troviamo di fronte al fatto che il nostro cervello è prigioniero in un solco, in un’abitudine, in una tradizione, nel condizionamento dell’educazione ricevuta, coltiva soltanto conoscenza, informazioni e funziona così in maniera sempre più meccanica.

Per approfondire questo problema deve regnare un grande dubbio.

Dubbio e scetticismo sono fondamentali perché, rinnegando tutto quanto l’uomo ha costruito – le sue religioni, i rituali, i dogmi, le credenze che sono tutte movimenti del pensiero – producono una certa libertà della mente. Come anche gli scienziati ammettono, il pensiero è un processo materiale che non ha risolto i nostri problemi, che non è stato capace di indagare a fondo in se stesso. Essendo esso stesso un frammento, ha semplicemente frantumato tutta l’esistenza. Così, esiste questa qualità del cervello che è meccanicistica e che in certe aree lo è necessariamente; ma interiormente, nella struttura psicologica della mente umana non c’è libertà. La mente è condizionata, è trattenuta da una credenza, dai cosiddetti ideali, dalla fede. Perciò, quando si arriva a dubitare, quando si accantona tutto questo – non in maniera teorica, ma fattuale, meticolosa – allora, che cosa rimane? Abbiamo paura di farlo perché ci diciamo: “Se rinnego tutto quello che il pensiero ha creato, che cosa rimane?”. Quando voi capite la natura del pensiero – che è un processo meccanico del tempo, una misura, la risposta al ricordo, un processo che porta sempre più sofferenza, angoscia, ansia e paura all’umanità – e andate oltre, lo rinnegate, che cosa rimane?

La scoperta di quel che rimane deve iniziare con la libertà, perché la libertà è il primo e l’ultimo passo. Senza la libertà – non la libertà di scelta – l’uomo è semplicemente una macchina.

Noi pensiamo di essere liberi perché facciamo delle scelte; la scelta esiste soltanto quando la mente è confusa. Quando la mente è chiara la scelta non esiste. Quando voi vedete le cose con grande chiarezza, senza distorsioni, senza illusioni, allora la scelta non esiste. Una mente che non sceglie è una mente libera, ma una mente che sceglie, e quindi mette in atto una serie di conflitti e di contraddizioni, non è mai libera perché è confusa in se stessa, divisa, frammentata.

Per esplorare in qualsiasi campo deve esserci quindi libertà, libertà di indagare in modo che in quell’indagine non ci sia distorsione. Quando c’è distorsione, dietro c’è un movente, un movente che è trovare una risposta, un movente che è realizzare un desiderio, escogitare una soluzione ai nostri problemi, un movente che può essere basato su un’esperienza passata, su una conoscenza passata; e tutta la conoscenza è passato.

Ovunque esiste un movente c’è necessariamente distorsione.

Può la nostra mente liberarsi dalla distorsione? E osservare la nostra mente significa osservare la mente comune a tutta l’umanità, perché il contenuto della nostra conoscenza è identico a quello di tutti gli esseri umani che, ovunque vivano, passano attraverso lo stesso processo di paura, di angoscia, di tortura, di ansia e di conflitto, Ulteriore ed esterno, senza fine. Questa è la coscienza comune a tutta l’umanità.

Perciò, quando voi esaminate la vostra coscienza state guardando nella coscienza dell’uomo, e quindi non è un esame personale, individualistico.

AI contrario, state guardando nella coscienza del mondo, che siete voi. E questa è la realtà, quando approfondite questo processo. Avere una mente libera crea un’esigenza tremenda: richiede che voi, in quanto esseri umani, siate totalmente impegnati nella trasformazione del contenuto della coscienza, perché il contenuto crea la coscienza. E la trasformazione con la rivoluzione psicologica totale di questa coscienza ci riguarda tutti. Per portare avanti questa indagine vi si richiede grande energia, un’energia che si sprigiona quando non c’è dispersione di energia. Si spreca energia quando si cerca di superare ciò che si è, di negare o di sfuggire a ciò che si è , o di analizzare ciò che si è, perché l’analista è l’analizzato, l’analista non è diverso da ciò che analizza. E nei molti discorsi fatti nel corso degli anni, abbiamo detto che questa è una realtà fondamentale. Ci stiamo chiedendo qual è il senso e l’importanza della vita, se mai la vita ne abbia. Se dite che la vita ha senso vi siete già in qualche modo compromessi e quindi non potete portare avanti l’indagine, avete già avviato il processo di distorsione. Allo stesso modo, se dite che la vita non ha senso, si tratta di un’altra forma di distorsione.

Perciò è necessario essere completamente liberi sia dalle affermazioni positive sia da quelle negative.

E qui inizia veramente la meditazione.

I guru che in India si moltiplicano come funghi e che prosperano in tutto il mondo hanno dato a questa parola una grande varietà di significati. C’è la meditazione trascendentale – e io vorrei che non avessero mai usato questa splendida parola – che è la ripetizione di certe espressioni, a pagamento – tre volte al giorno, per venti minuti…..!

La ripetizione ininterrotta di qualsiasi parola certamente vi darà una certa quiete perché avete ridotto il cervello a una tranquillità meccanica. Ma in questo non c’è niente di più trascendentale di quanto ve ne sia in qualsiasi altra cosa. ….

E con ciò noi pensiamo di fare esperienza di qualcosa che è al di là del processo del pensiero materiale.

L’uomo cerca esperienze diverse da quelle della vita ordinaria e quotidiana. Noi siamo annoiati, non ne possiamo più di tutta l’esperienza che abbiamo fatto della vita, e speriamo di impadronirci di un’esperienza che non sia il prodotto del pensiero. La parola esperienza significa, attraversare fino in fondo qualsiasi cosa , non significa ricordarla e perpetuarla. Ma questo noi non lo facciamo .

Per riconoscere un’esperienza dovete averla già conosciuta; non è qualcosa di nuovo. Così, la mente che cerca un’esperienza diversa dalla semplice esperienza fisica psicologica, che cerca qualcosa di molto più grande e di molto superiore a tutto questo, farà esperienza della propria stessa proiezione e quindi sarà ancora meccanicistica, materialistica; sarà ancora il prodotto del pensiero. Quando voi non desiderate nessuna esperienza, quando avete capito l’intero significato del desiderio – che come abbiamo detto molte volte è sensazione, più pensiero e la sua immagine – allora non esistono ne distorsioni ne illusioni. Soltanto quando l’intera struttura della coscienza è libera, soltanto allora la mente sarà capace di guardare a se stessa senza distorsione, senza sforzo? La distorsione ha luogo quando c’è sforzo. Giusto?

Lo sforzo implica il me e qualcosa che io voglio realizzare, la separazione tra me e quella cosa. La separazione porta invariabilmente il conflitto. La meditazione avviene soltanto quando il conflitto cessa definitivamente. Quindi, quando ci sono sforzo, pratica e controllo ogni forma di meditazione non ha senso.

Ve ne prego, non accettate quello che sto dicendo. Stiamo indagando insieme e quindi è importante che voi non accettiate quello che viene detto; è importante che lo analizziate personalmente.

Quindi dobbiamo approfondire la questione del controllo.

Fin dall’infanzia noi venivamo educati al controllo: tutto il processo del controllo dei sentimenti. Nel controllo c’è chi controlla e la cosa controllata, dove chi controlla pensa di essere diverso da ciò che desidera controllare. In questo modo egli si è già spaccato, e da qui nasce sempre il conflitto. Ciò significa che un frammento del pensiero dice a se stesso: “Devo control lare altri frammenti del pensiero”; ma il pensiero che dice questo fa esso stesso parte del pensiero. Chi controlla è la cosa controllata, chi fa esperienza è la cosa di cui fa esperienza, non si tratta di due diverse entità o di due diversi movimenti. Chi pensa è il pensiero; se non c’è pensiero non esiste chi pensa. Si tratta di una cosa molto importante perché quando la si comprende completamente, profondamente, non a parole , non in teoria ma nella realtà, in quel momento il conflitto cessa. Quando la si riconosce profondamente come la verità, come una legge, allora ogni sforzo ha termine; e la meditazione può nascere soltanto quando non esiste sforzo di alcun genere.

Per scoprire se la vita abbia un senso è necessario meditare.

La meditazione pone le basi anche del retto comportamento: retto nel senso di accurato, non nel senso di un ideale, di un modello, di una formula, ma un’azione che ha luogo quando c’è osservazione completa di quanto accade in noi stessi. E attraverso la meditazione noi dobbiamo stabilire il retto rapporto tra gli esseri umani, vale a dire un rapporto senza conflitto .

Il conflitto esiste quando c’è separazione tra due immagini, e ne abbiamo parlato a lungo; l’immagine che voi avete di un altro e quella che un altro ha di voi. Nella meditazione non deve esistere neanche l’ombra della paura psicologica; deve quindi avere fine il dolore, deve esserci quello di cui abbiamo parlato altre volte: compassione e amore.

Questa è la base, il fondamento della meditazione. Senza di ciò, voi potete sedere a gambe incrociate sotto un albero per il resto dei vostri giorni, respirare correttamente – conoscete bene tutti i trucchi a cui si ricorre – ma niente di tutto questo servirà.

Perciò, quando avrete realmente, profondamente instaurato un certo stile di vita – che non è un punto di arrivo, ma soltanto l’inizio – allora potremo procedere per scoprire se la mente – che è la totalità, il cervello, l’intera coscienza – è quieta, non subisce alcuna distorsione.

Soltanto quando la mente è quieta, immobile, il vostro ascolto sarà corretto. Esistono diversi tipi di silenzio: il silenzio tra due rumori, il silenzio tra due pensieri, il silenzio dopo una lunga battaglia con se stessi, il silenzio tra due guerre, che voi chiamate pace. Tutti questi tipi di silenzio sono il frutto del rumore. Questo non è silenzio. C’è un silenzio che non viene creato ne coltivato, cosicché a osservare quel silenzio non c’è un me; c’è soltanto silenzio, quiete.

Abbiamo incominciato con la domanda: la vita ha un senso? In quel silenzio, questa domanda voi non la ponete, veramente; abbiamo preparato il campo della mente che è capace di scoprire. E tuttavia dobbiamo trovare una risposta. Dove la troveremo, e chi risponderà? Sarò io, un essere umano, a rispondere? Oppure la risposta sta proprio in quel silenzio ?

Voglio dire che quando non esiste distorsione causata dal movente, dallo sforzo, dal desiderio di fare esperienza, dalla separazione tra colui che osserva e la cosa osservata, tra chi pensa e il pensiero, non c’è spreco di energie. Ora, in quel silenzio c’è quell’energia superiore, e per poter vedere al di là delle parole deve esserci quell’energia, quella vitalità, quella forza. Perché la parola non è la cosa, e la descrizione non è la cosa descritta. Andare sulla luna, creare uno strumento fatto di milioni di componenti richiede un’energia immensa e la cooperazione di trecentomila persone per costruirlo. Ma si tratta di un’energia completamente diversa da quella di cui stiamo parlando.

Vedete, io sono molto serio su questo punto.

Ne ho parlato per oltre cinquant’anni: poiché la mente della maggior parte di noi è prigioniera in solchi più o meno profondi, noi dobbiamo continuamente vigilare per vedere che il cervello non crei un solco dove si sente sicuro e indugia; infatti, se si rimane in un solco, per quanto bello, per quanto piacevole, per quanto confortante, la mente manterrà un funzionamento meccanico, ripetitivo e perderà la sua profondità, la sua bellezza. Perciò chiedo: il silenzio è meccanicistico? È un prodotto del pensiero che dice: “Deve esserci qualche altra cosa oltre me, e per scoprirlo devo rimanere in silenzio, devo controllarmi, devo soggiogare ogni cosa per scoprirlo?”.

Questo è ancora un movimento del pensiero, giusto? Perciò noi dobbiamo capire la differenza tra concentrazione, consapevolezza e attenzione.

La concentrazione implica volgere l’energia in una direzione particolare, a esclusione di tutte le altre, costruendo una barriera contro qualsiasi altra cosa, opponendo resistenza. La consapevolezza è relativamente semplice, se non la rendete complicata. Significa essere consapevoli di tutto quanto vi circonda, semplicemente osservare.

Allora c’è attenzione . L’attenzione implica l’assenza di un centro dal quale voi prestate attenzione. Il centro è il me e se la consapevolezza parte da quel centro, allora l’attenzione è limitata. Il centro esiste quando esiste la scelta, e dove c’è scelta c’è sempre il me, la mia esperienza, la mia conoscenza, l’io separato dal tu.

Ora, ciò di cui stiamo parlando è l’attenzione dove non esiste alcun centro. Se voi state attenti in questo modo ora, mentre siete seduti qui, vedrete che la vostra attenzione è vasta, che non esistono confini, e che tutta la vostra mente – tutto – è completamente attenta, non fa scelte, e quindi non esiste un centro, non esiste un me che dice: “Io sono attento”. In quell’attenzione c’è silenzio, un silenzio dove è contenuta l’energia che non viene più sprecata. Solo una mente di questo genere può trovare la risposta, può scoprire – purtroppo se lo descrivo diventerà irreale – qualcosa che è al di là di tutto questo travaglio, di tutta questa infelicità. Se a questo voi dedicherete la vostra energia, il vostro tempo, la vostra capacità, non condurrete più una vita vuota e priva di senso.

E tutto ciò è meditazione, dal principio alla fine.

Brockwood Park, 5/9/1976

(Tratto da “Andare incontro alla vita”)

Da: http://www.riflessioni.it/forum/attachment.php3?s=31778a7276d5f33de51d6bc24088ba2e&postid=37160