L’interdipendenza nasce quando una persona percepisce di essere vincolata ad altre
per il conseguimento di un obiettivo(vantaggio) comune a tutto e a tutti.

Una riflessione di Sua Santità il Dalai Lama sulla stretta interelazione che lega tutti gli esseri sulla Terra, tratta da Siddhi, periodico del buddhismo Mahayana e rivista dell’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia.

Nella vita quotidiana siamo impegnati in innumerevoli e svariate attività e riceviamo numerosissimi input sensoriali.

Il problema del fraintendimento, che naturalmente può essere più o meno grave, nasce quasi sempre dalla nostra tendenza a isolare particolari aspetti di un evento o di un’esperienza e a vederli come se ne costituissero la totalità. Questo determina un restringimento della prospettiva e di conseguenza induce a false aspettative.

Quando invece prendiamo in esame la realtà in sé, ci rendiamo subito conto della sua infinita complessità e possiamo capire che il nostro modo di percepirla è spesso inadeguato. Se così non fosse, il concetto stesso di delusione sarebbe privo di significato. Se tutto si svolgesse sempre e secondo le nostre aspettative, non sapremmo neppure cosa sono l’illusione o il fraintendimento.

Come mezzo per prendere coscienza di tale complessità, trovo che il concetto di originazione dipendente (in tibetano ten del) così come è stato sviluppato dalla scuola di filosofia buddhista Madyamika (la Via di Mezzo), sia particolarmente utile. Secondo questa scuola possiamo comprendere la vera natura delle cose e degli eventi in tre modi diversi.

Al primo livello, ci si riferisce al principio di causa ed effetto, per cui l’origine di ogni cosa ed evento dipende da una complessa rete di cause e condizioni correlate. Questo ci induce a pensare che nessuna cosa (o evento) possa essere intesa come capace di entrare nell’esistenza o di rimanervi, di per se stessa. Per esempio, se prendo l’argilla e la modello, posso creare un vaso. Il vaso, quindi, esiste come effetto delle mie azioni. Al tempo stesso, è anche il prodotto di una miriade di altre cause e condizioni. Per esempio, la materia grezza è il risultato della combinazione dell’acqua e dell’argilla.

Ma possiamo spingerci oltre e considerare questi due componenti come il risultato della combinazione di molecole, atomi e altre minute particelle (che a loro volta dipendono da innumerevoli altri fattori). Ci sono poi le circostanze che mi hanno portato a decidere di fare un vaso e, inoltre, le condizioni che hanno operato insieme alle mie azioni nel momento in cui davo forma all’argilla. Il vaso è originato in modo dipendente. Tutti questi diversi fattori ci fanno capire che il mio vaso non può esistere indipendentemente dalle sue cause e condizioni.

Al secondo livello, ten del può essere inteso nei termini della dipendenza reciproca che lega le parti e il tutto. Senza le parti non può esserci il tutto; senza il tutto, il concetto di parti è privo di significato. L’idea del tutto è fondata sulle parti, ma le parti stesse devono essere considerate come interi che a loro volta comprendono parti.

Al terzo livello, tutti i fenomeni possono essere intesi come originati in modo dipendente in quanto, se li analizziamo, troviamo che, in definitiva, essi non possiedono un’identità indipendente. Possiamo comprenderlo dal modo in cui ci riferiamo a certi fenomeni. Per esempio, le parole ‘azione’ e ‘agente’ sono l’una il presupposto dell’altra. Lo stesso vale per ‘genitore’ e ‘figlio’. Si è genitori unicamente perché si hanno dei figli. Una figlia o un figlio vengono così chiamati solo in relazione al fatto che hanno dei genitori. Lo stesso rapporto di dipendenza reciproca si riscontra nei termini che usiamo per i mestieri o le professioni. Certe persone sono chiamate contadini per il fatto che lavorano la terra, i medici perché operano nel campo della medicina e così via.

Un altro modo, ancora più sottile, di giungere alla comprensione delle cose e degli eventi in termini di originazione dipendente è quello, per esempio, di chiedersi: che cosa è esattamente un vaso d’argilla? Nel momento in cui cerchiamo qualcosa da definire come la sua effettiva identità, ci rendiamo conto che la sua stessa esistenza – e, di conseguenza, quella di tutti gli altri fenomeni – è in qualche misura provvisoria e frutto di una convenzione. Quando ci chiediamo se la sua identità è determinata dalla sua forma, dalla sua funzione, dalle sue parti specifiche (vale a dire il fatto che sia composta da argilla, acqua e così via), ci rendiamo conto che il termine ‘vaso’ non è altro che una designazione verbale.

Per quel che riguarda i fenomeni mentali, anche qui riscontriamo che esiste una dipendenza. In questo caso tra colui che percepisce e il percepito.

La comprensione della realtà che ci viene suggerita dal concetto di originazione dipendente ci mette di fronte a una sfida importante. Ci sfida a vedere le cose e gli eventi meno in bianco o nero, più come una fitta rete di relazioni, difficili da scindere e fissare. E diventa difficile anche parlare in termini assoluti. Inoltre, se tutti i fenomeni dipendono da altri e nessuno può esistere in modo indipendente, dovremo ritenere che neppure il nostro io-sé, che abbiamo tanto a cuore, esiste come noi siamo soliti supporre.

In realtà, se indaghiamo in modo analitico sull’identità dell’io-sé, vediamo che la sua apparente solidità si dissolve anche più rapidamente del vaso di argilla o del momento presente. Infatti, mentre un vaso è qualcosa di concreto che possiamo effettivamente indicare, l’io-sé è più elusivo: la sua identità come costruzione artificiale appare subito evidente. Ci rendiamo conto che l’abituale netta distinzione che facciamo tra ‘io’ e gli ‘altri’ è un’esagerazione.

(di Sua Santità il Dalai Lama – tratto da “Siddhi“, periodico di Buddhismo Mahayana)

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