Dei desideri e delle ragioni per cui si realizzano o non si realizzano avevo parlato a lungo con i miei maestri, negli anni passati (v. I maestri invisibili. pp. 155 e sgg.). In sostanza, secondo gli Spiriti-guida, ogni desiderio che noi riusciamo a esprimere e una forma di premonizione: non si tratta cioé di un frutto della nostra fantasia, ma di un improvviso estendersi della nostra percezione, fino a cogliere nel futuro una qualche occasione che sta venendo proprio verso di noi e che può servire al nostro sviluppo interiore. E ciò che chiamiamo «desiderare» è in realtà il modo in cui questa nostra percezione più estesa cerca di annunciare alla nostra razionalità quelle occasioni che ha intravisto nell’avvenire, e di convincerla a non opporre resistenza e a non distrarsi, quando quelle occasioni arriveranno  bensì a farsi avanti e ad afferrarle.

Secondo gli Spiriti-guida, questa spiegazione trova conferme tanto più nette quanto più un desiderio è coraggioso, e anche a me risulta che così sia: il problema consiste dunque nel precisare il grado di coraggio necessario a far sì che la nostra percezione scorga occasioni, «desideri» sufficientemente importanti per noi  indipendentemente da ciò che quei «desideri» potranno sembrare, di primo acchito alla nostra razionalità. La più celebre tra le precisazioni di questo grado di coraggio è di certo quella fornita da Gesù nei Vangeli:

«In verità io vi dico: se avrete fede (anche solo un pochino) quanto un granellino di senape, potrete dire a questa montagna: spostati da qui a là, ed essa si sposterà, e niente vi sarà impossibile». Vangelo di Matteo 17, 20 . È una frase che Gesù ripete spesso, in tutti e quattro i Vangeli (Matteo, 21-21; Marco 11, 22-23; Luca 17, 5-6; e nel Vangelo di Giovanni vi insiste in tutto illungo discorso dell’ultima cena, dal capitolo 14 al capitolo 16). Per comprendere bene che cosa intendessero dire qui gli evangelisti, va ricordato che la parola tradotta come “fede” (pistis in greco) non indicava ancora, alla loro epoca, quello sforzo di credere che tanto spesso i cristiani chiamano fede, bensì un fiducioso coraggioso aprirsi alla conoscenza. Ti senso dunque è: «se nel desiderare riuscirete a non porvi preclusioni. a non tenervi aggrappati a ciò che sapere già, a sentire in voi anche soltanto un tantino di pistis, potrete spostare la montagna della vostra inerzia inteiriore con straordinaria facilità, e nulla di ciò desidererete vi sarà impossibile».

Non c’è dubbio che Gesù se ne intendesse: e se a suo dire il grado di coraggio necessario è pari a «un granello di senape», non dovrebbe essere difficile produrio. Le difficoltà – mi spiegarono i miei Spiriti – derivano principalmente da quella vera e propria atrofia del desiderio che si verifica nella stragrande maggioranza degli individui adulti. Per svariate ragioni, e soprattutto per l’educazione che ricevono da chi è già adulto e già atrofizzato in quel senso, i bambini smettono ben presto di desiderare davvero e riescono solo a imitare i desideri altrui. Il coraggio del desiderio cede allora il posto all’ansia del desiderio, che con gli anni diviene sempre più tormentosa e fa pensare all’assenza di desideri come a una liberazione. Da qui all’atrofia il passo è breve. Questo addestramento all’ansia è uno dei processi attraverso i quali si passa dal Quinto Cielo (che è proprio dei bambini, come i maestri spiegano qua e là in questo libro) ai Cieli Primo e Secondo, che sono invece caratteristici degli adulti.

In questo libro, nel capitolo 22, è spiegata una tecnica per riconoscere e utilizzare un genere particolare di coraggio e di pìstis. Ma qui colgo l’occasione per illustrarne un’altra, preparatoria, diciamo: più semplice, ottima per scuotere l’animo adulto da quell’atrofia che dicevo. Non e mia, l’ho tratta con qualche rielaborazione, da un bel libro di Jack Canfield e Mark Victor Hansen, The Aladdin Factor (Berkeley Books, New York 1995). Richiede due quaderni, e qualche settimana di tempo per i primi risultati concreti.

I 101 DESIDERI

Su un quaderno scrivete 101 desideri, tutti diversi l’uno dall’altro, concisi e precisi, così, per esempio:

1. Io voglio un’automobile di lusso verde scuro.

2. Io voglio una villa in Riviera a pochi passi dal mare.

Eccetera. Per compilare l’elenco nel modo migliore tornano utili le seguenti raccomandazioni:

• nello scrivere i desideri evitate accuratamente la parola «non»;

• evitate desideri la cui realizzazione non sia verificabile (per es. «Io voglio essere molto buono» non va bene, perché non è chiaro né che cosa significhi quel «molto» ne cosa si intenda per «buono»; invece di lasciar così nel vago si può precisare scrivendo: «lo voglio salvare un popolo da una carestia» o altro del genere);

• chiedete soltanto a nome vostro, e non per altri (per es., se un vostro conoscente ha un determinato problema, non scrivete «Io voglio che il mio amico X risolva quel suo proble ma», ma «Io voglio risolvere quel problema del mio amico X»  e naturalmente precisale quale problema).

È buona norma evitare desideri che ci appaiano nocivi per altre persone, perché la nostra coscienza potrebbe aversene a male, nel profondo, e punirci poi dolorosamente. Ed è meglio evitare desideri di carattere sentimentale riguardanti persone che non conoscete bene (attori e attrici, indossatrici, ecc.), appunto perché non li conoscete bene e potrà darsi che non vi piacciano affatto, quando quei vostri desideri si realizzeranno. Per il resto, non ci sono limiti: potete scrivere qualsiasi cosa, purché siate sicuri di desiderarla.

I desideri devono essere, ripeto, 101: un bel numero orientale, che raffigura simbolicamente un intero grande (100) ma aperto, grazie a quell’1 in più, verso ulteriori sviluppi, e che vi obbligherà inevitabilmente a ridestare, stimolare e irrobustire le vostre facoltà di desiderio atrofizzate.

Una volta completato l’elenco dei 101 desideri, ricontrollatelo attentamente, correggetelo dove occorre, ricopiatelo in bella sull’altro quaderno (non più di quattro desideri per pagina), e poi rileggetelo una volta ai giorno: sottovoce e in un luogo appartato, suggerirei, perché se qualcuno vi udisse casualmente potrebbe pensare di voi cose poco lusinghiere, E aspettate. Pian piano i desideri cominceranno a realizzarsi. Ora in modo strabiliante, mediante coincidenze o altri fatti curiosi, ora nel più semplice dei modi, quasi inavvertitamente. Via via che i desideri si realizzano, cancellateli e sostituiteli con altri nuovi.

Di solito, nei primi mesi successivi alla ricopiatura in bella, si realizza il 30 per cento dei desideri così elencati: gli altri rimangono preclusi, a causa di resistenze inconsapevoli, di sensazioni di inadeguatezza (non me lo merito, non valgo abbastanza, ecc.) e di altre aggrovigliate e deprimenti paure e blocchi affettivi di vario genere, che inconsapevolmente ci spingono a fuggire da quelle occasioni che la nostra percezione più estesa aveva colto nell’avvenire, quando compilavamo l’elenco. In seguito, potrà capitare che alcune di queste paure e di questi blocchi si sciolgano: allora i desideri a essi corrispondenti cominceranno a realizzarsi (le occasioni di realizzazione sono e rimarranno sempre inesauribili). Viceversa,nei desideri che non accenneranno in alcun modo a realizzarsi il compilatore dell’elennco avrà un’espressione metaforica (ma spesso sufficientemente eloquente.) delle paure e dei blocchi più segreti che si nascondono nella sua psiche, e che limitano il suo campo di esistenza. In quelle paure e in quei blocchi abita – per usare il linguaggio dei maestri – il più cupo «diavolo» di quel compilatore.

Dopo un anno, in ogni caso, distruggete e bruciate entrambi i quaderni e non pensateci più. In molti casi, la piccola cerimonia di questa distruzione (che si rivela sempre più difficile del previsto) ha di per sé l’effetto di smuovere le «montagne» di almeno alcuni dei blocchi e delle paure più segreti e tenaci.

Sia Canfield e Hansen, sia i miei maestri escludono che questa tecnica abbia qualche controindicazione. Quanto agli eventuali e ovvi problemi morali che può suscitare, è bene sapere fin dall’inizio che spesso, dietro al timore di essere egoisti si cela in realtà una difficoltà o incapacità di ricevere; e chi non sa ricevere non sa nemmeno dare. Quanto ai problemi di carattere religioso, è altrettanto utile ricordare che le nostre idee occidentali sono molto approssimative, e soltanto punitive: l’ascesi, la vera liberazione dal desiderio è una grande conquista, che si raggiunge non vietandosi di desiderare (il che conduce inevitabilmente a forme ossessive), ma imparando a superare la dimensione del desiderio, a provare per essa una sincera noia e indifferenza – il che è possibile, per la maggior parte delle persone, solo dopo averla sperimentata abbastanza a lungo e con successo.

I desideri e l’io piU’ grande

Certamente. questo modo di intendere il desiderio è lontano da ciò che insegna la religione cristiana. Ma davvero lo si ritrova nei Vangeli: nel meraviglioso discorso di Gesù ai discepoli durante l’ultima cena, così come lo riferisce l’evangelista Giovanni. Nelle conversazioni con i miei maestri questo discorso viene citato spesso: per comodità dei lettori ne riporto qui qualche brano. Non aggiungo quasi nessun commento mio: lo stile è semplice, e senza alcuna difficoltà i lettori potranno trarne spunti di riflessione non soltanto riguardo al desiderare e al chiedere, ma anche riguardo all’«Io» più grande (al nostro “Corpo maggiore” come lo chiamano gli Spiriti-guida) e a molti argomenti toccati nelle nostre conversazioni.

Dal Vangelo di Giovanni, capitolo 14, 15, 16: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio, e anche nell’io abbiate fede. Nella casa di mio Padre ci sono molte dimore: se così non fosse. l’io ve l’avrebbe detto. E l’io va a prepararvi il posto: quando ci sarà andato e vi avrà preparato un posto, tornerà e vi porterà là con sé, perché siate anche voi dove è l’io. E del luogo dove conduce l’io, voi conoscete la via.» Gli disse Tommaso: «Signore, ma non sappiamo dove vai: come facciamo a sapere qual è la via?» Gli disse Gesù: «La via, la verità e la vita è l’io. Nessuno può giungere al Padre se non attraverso l’io. Se conoscete l’io. conoscete anche il Padre; e voi lo conoscete già, e avete visto cos’è». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre, non chiediamo altro». Gli rispose Gesù: «Da tanto l’io e con voi e tu non sai cos’è l’io, Filippo? Chi ha visto l’io ha visto il Padre, Come puoi dire “Mostraci il Padre”? Non credi che l’io è nel Padre e  il Padre è nell’io? Le parole che io dico a voi non le dico dal mio io soltanto; ma il Padre che è nell’io, è Lui a compiere le sue opere. Credetemi: l’io è nel Padre e il Padre è nell’io; se non ci riuscite altrimenti, credetelo per le opere stesse [che ciò vi permette di compiere] «In verità, in verità vi dico: chi crede nell’io, compirà lui pure le opere che io compio, e ne farà di più grandi, perché l’io conduce al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome dell’io, l’io la farà, perché il Padre sia manifestato in ogni suo Figlio. Se chiederete qualsiasi cosa all’io, in nome dell’io soltanto, l’io la compirà.» «Se amate l’io. Osserverete i comandamenti dell’io. L’io pregherà il Padre, e il Padre, vi darà un Altro, che sappia incoraggiarvi, e che rimanga con voi per sempre. È lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete già perché abita in voi e sarà sempre in voi. L’io non vi lascerà mai orfani, ritornerà sempre da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più: voi invece vedrete sempre l’io, perché l’io vive e voi vivrete. In quel giorno saprete che l’io è nel Padre, e voi siete nell’io, e l’io è in voi.»

Tratto da “IL FRUTTO PROIBITO DELLA CONOSCENZA – Il diavolo e l’esplorazione dell’aldilà”, di Igor Sibaldi, edito dalla Frassinelli